Cibi fermentati e salute intestinale col Dott. Stefano Manera: tutto su probiotici, prebiotici e postbiotici.

09/12/2025
Indice
- Mangiare o nutrirsi: una differenza sostanziale per la salute e il microbiota
- Cibi fermentati: quanto consumarne e quali scegliere
- Cibi fermentati vs processati: perché scegliere la fermentazione
- Cibi fermentati: probiotici, prebiotici e postbiotici, tutto quello che devi sapere
- Cibi Fermentati: a chi fanno male e come capirlo
- Cibi fermentati: vantaggi per gravidanza, bambini e anziani
- Probiotici: come assumerli correttamente
In questa intervista esclusiva per I’m in Fermentation, il Dott. Stefano Manera, medico, docente universitario, direttore scientifico dell’Accademia Italiana di Medicina Nutrizione Ippocratica e autore di numerosi libri su medicina e nutrizione, ci guida alla scoperta del mondo dei cibi fermentati e del microbiota intestinale.
Mangiare o nutrirsi: una differenza sostanziale per la salute e il microbiota
– Dottor Manera, lei distingue spesso tra “mangiare” e “nutrirsi”. Cosa intende?
“Spesso mangiare e nutrirsi vengono confusi,” spiega il Dott. Manera. “Mangiare significa semplicemente introdurre cibo per riempire lo stomaco, spesso con una componente psicologica legata ad ansia, stress o bisogno di conforto, che può trasformarsi in un comportamento disfunzionale. Nutrire, invece, significa farlo con consapevolezza: assumere sostanze adeguate per favorire un metabolismo corretto, una crescita sana e uno sviluppo orientato alla salute, ascoltando il proprio corpo e personalizzando le scelte. Questa consapevolezza è particolarmente importante nella scelta dei cibi fermentati, che apportano benefici al microbiota intestinale.”
Cibi fermentati: quanto consumarne e quali scegliere
– Dottor Manera, le capita spesso che i pazienti le chiedano se un certo alimento fermentato “fa bene o fa male”?
“Continuamente. Mi chiedono: ‘Dottore, posso mangiare questo? Posso mangiare quello? Questo fermentato va bene per me?’
La verità è che è impossibile rispondere in modo assoluto, perché ogni persona è diversa. Prima di tutto bisogna valutare il caso, l’anamnesi, la storia clinica e personale. Non ha senso dire che un alimento fa bene o fa male in generale: dipende da chi lo mangia, da come lo mangia, e in che momento della sua vita si trova.”
– Una domanda ricorrente è proprio: “Quanto kefir posso bere?” o “Meglio kefir d’acqua o di latte?”
“Domande classiche. Ma la risposta è semplice: non c’è una dose giusta!
Non posso dire a una persona che non conosco quanto kefir dovrebbe assumere, perché la tolleranza e il bisogno variano da individuo a individuo. Ancora una volta, dipende dal contesto. In generale, consiglio sempre di iniziare con dosaggi molto bassi e osservare come reagisce il corpo. Se non si manifestano disturbi, si può aumentare gradualmente la quantità. È una regola di buon senso: se non succede nulla, significa che l’alimento è ben tollerato e quindi fa bene.”
– E quindi, esiste un fermentato “migliore”?
“È un errore comune pensare che esistano fermentati migliori di altri in senso assoluto: in realtà, tutto dipende dalle esigenze e dalla tolleranza di ciascuno. Spesso, però, si dimentica che molti alimenti che consumiamo ogni giorno sono già fermentati, anche se non ce ne rendiamo conto: caffè, tè, cioccolato, vino, birra, salumi e pane fanno parte della nostra alimentazione quotidiana. Accanto a questi, ci sono poi fermentati più particolari, come kefir o kombucha, oggi molto popolari.
La cosa importante è non basare la propria scelta esclusivamente sulle mode alimentari, perché un alimento che va bene per qualcuno potrebbe non essere adatto a tutti”.
In altre parole, i cibi fermentati non sono “miracolosi” o universali, ma diventano efficaci quando sono integrati in un regime alimentare personalizzato, che considera:
- la tolleranza individuale,
- le abitudini quotidiane,
- eventuali disbiosi o sensibilità,
- gli obiettivi di salute complessivi.
Cibi fermentati vs processati: perché scegliere la fermentazione
– Dottor Manera, in un’epoca come la nostra, dominata da cibi industriali e processati, quale ruolo svolgono oggi i cibi fermentati nella nostra alimentazione?
Il Dottore inizia chiarendo che i cibi ultraprocessati sono una categoria pericolosa dei cibi industriali:
“È importante fare una premessa alla luce dei recenti episodi di intossicazioni alimentari, come quelle da botulino, che purtroppo hanno causato decessi. La sicurezza alimentare è fondamentale: gli alimenti industriali, se preparati correttamente, hanno un rischio bassissimo. Non bisogna demonizzare tutto ciò che è industriale, ma prestare attenzione ai cibi ultra-processati: quelli impoveriti di micronutrienti, ricchi di additivi, coloranti e conservanti, che possono rappresentare un reale pericolo per la salute.”
Dopodiché, il Dottor Manera spiega che i cibi fermentati come verdure fermentate, kefir o miso, rispetto ai cibi processati, apportano diversi benefici fondamentali:
- migliorano la digeribilità dei nutrienti
- la biodisponibilità di alcune sostanze
- favoriscono la produzione di acidi grassi a corta catena (SCFA),
- supportano il microbiota intestinale
- contribuiscono alla protezione e alla salute della mucosa intestinale.
Ecco le sue parole:
“Per quanto riguarda i cibi fermentati, questi alimenti presentano numerosi vantaggi. Tra i principali c’è una migliore digeribilità: la fermentazione scinde alcune proteine e zuccheri naturalmente presenti negli alimenti, rendendo più semplice per l’organismo assimilarli.
Un altro beneficio è l’aumento della biodisponibilità di alcune sostanze, come vitamine e minerali che spesso sono legati ad altri componenti dei cibi e quindi non facilmente assorbibili. La fermentazione li libera, rendendoli più disponibili per il nostro organismo.
Un altro vantaggio importante è la produzione di acidi grassi a corta catena, come l’acido butirrico, l’acido lattico e l’acido acetico, prodotti dai batteri durante la fermentazione. Tra questi, il butirrato è particolarmente noto per i suoi effetti positivi sulla salute intestinale e sistemica. Gli acidi grassi a corta catena (SCFA) nutrono i batteri buoni, limitano la crescita dei batteri potenzialmente dannosi, riducendo la proliferazione fungina e supportano gli enterociti, le cellule che rivestono la mucosa intestinale, contribuendo a ridurre la permeabilità intestinale e a favorire la eubiosi, riducendo la disbiosi, cioè riportando equilibrio al microbiota.”
Cibi fermentati: probiotici, prebiotici e postbiotici, tutto quello che devi sapere
– Dottore, ma i cibi fermentati sono probiotici?
“La maggior parte delle persone crede che i cibi fermentati sono probiotici, ma non è corretto. Io sostengo che non siano affatto probiotici, ma prebiotici e postbiotici.
Il Dottore spiega che, per essere definito probiotico, un alimento deve contenere microrganismi vivi che rispettano due requisiti fondamentali:
- aumentare la numerosità delle colonie batteriche benefiche nell’intestino, senza però colonizzarlo in modo permanente;
- non essere antibiotico-resistenti, ossia non sviluppare resistenze che possano alterare l’equilibrio del microbiota.
Ed è proprio il primo requisito a non essere rispettato dai cibi fermentati, infatti il Dottore sostiene:
“I batteri presenti nei cibi fermentati sono miliardi, ma una volta arrivati nello stomaco, in un ambiente molto acido (pH 2), muoiono e non arrivano vivi nell’intestino tenue non contribuendo di fatto ad aumentare il numero delle colonie batteriche del microbiota. Per questo motivo, i batteri dei cibi fermentati non possono essere considerati probiotici.”
Tuttavia, sebbene l’acidità dello stomaco impedisca ai cibi fermentati di esercitare un effetto probiotico, il Dottor Manera sottolinea che questa barriera è fondamentale per proteggerci dai microrganismi indesiderati e limitare lo sviluppo di disbiosi intestinali.
– Che cosa vuol dire che i cibi fermentati sono prebiotici e postbiotici?
“Prebiotici perché contengono sostanze che favoriscono la proliferazione e il benessere dei batteri intestinali”, spiega il Dottor Manera.
I prebiotici sono composti che non vengono digeriti dal nostro stomaco e arrivano intatti nell’intestino, dove diventano nutrimento per i microrganismi residenti, contribuendo alla loro crescita.
Nei cibi fermentati si trovano spesso sostanze prebiotiche come:
- Esopolisaccaridi prodotti da alcuni batteri lattici, che agiscono come fibre fermentescibili utili alla crescita dei microbi intestinali;
- Amido resistente, generato dalla conversione dell’amido presente negli alimenti vegetali grazie all’acidità prodotta dalla fermentazione lattica.
Successivamente, il Dottor Manera chiarisce che cosa sono i postbiotici:
“I postbiotici sono sostanze generalmente derivate dal metabolismo dei microrganismi. In pratica, ciò che i microrganismi producono durante il loro lavoro viene introdotto nell’organismo e può esercitare effetti benefici. Un esempio di postbiotico è l’acido butirrico, che a volte possiamo introdurre direttamente: esso esercita un effetto favorevole sul nostro intestino e sulle cellule che lo abitano.”
Per completezza riportiamo anche la definizione della International Scientific Association for Probiotics and Prebiotics (ISAPP) che definisce i postbiotici come:
“Una preparazione di microrganismi inattivi e/o dei loro componenti che conferisce un beneficio per la salute dell’ospite.”
Queste definizioni aprono interessanti riflessioni sugli effetti benefici di tutti i cibi fermentati, compresi quelli pastorizzati, che pur non contenendo microrganismi vivi possono comunque sostenere la salute intestinale grazie al loro effetto postbiotico, configurandosi quindi come alimenti funzionali.
Cibi Fermentati: a chi fanno male e come capirlo
– Dottore, possiamo dire che i fermenti fanno bene a chiunque, o ci sono eccezioni?
“Non proprio,” chiarisce il Dottor Manera. “Nonostante i numerosi benefici, i cibi fermentati non sono adatti a tutti.” In particolare chi soffre di:
Disbiosi intestinale:
soffrendo in forma medio-grave di questa patologia si deve prestare molta attenzione: un alimento fermentato, proprio perché stimola l’attività batterica, può accentuare l’eccessiva fermentazione intestinale, peggiorando i sintomi.
“Quando c’è un quadro disbiotico,” spiega il Dottore, “introdurre una sostanza altamente nutrizionale come un alimento fermentato può stimolare la sovracrescita batterica e causare fastidi. In questi casi è possibile non tollerarlo affatto.”
SIBO (Small Intestinal Bacterial Overgrowth):
per esempio, i cibi fermentati sono fortemente sconsigliati, poiché possono provocare disturbi anche importanti.
“Chi ha una SIBO,” precisa il Dottor Manera, “non dovrebbe consumare cibi fermentati, perché rischierebbe di peggiorare la condizione.”
Un’altra possibile controindicazione riguarda:
Ipersensibilità all’istamina:
“I cibi fermentati possono contenerne quantità variabili,” spiega il Dottore, “perché i batteri, durante il loro metabolismo, producono l’istamina come sostanza di scarto, un vero e proprio postbiotico ad effetto negativo. Per chi soffre di intolleranza o ipersensibilità all’istamina, questi alimenti possono rappresentare una controindicazione assoluta, perché possono provocare reazioni anche importanti.”
Va però precisato che non tutti i cibi fermentati contengono elevate quantità di istamina. Prodotti come i formaggi stagionati possono svilupparne livelli significativi a causa dei lunghi tempi di maturazione. Al contrario, fermentati vegetali come il kimchi presentano generalmente quantità molto più basse, a conferma di quanto il contenuto di istamina dipenda dall’alimento e dal tipo di fermentazione.
– Dottore, come possiamo capire se un cibo fermentato è adatto a noi oppure no?
“È fondamentale procedere con gradualità,” spiega il Dottor Manera. “Bisogna introdurre piccole quantità, osservare come reagisce l’organismo e aumentare solo se l’alimento risulta ben tollerato.”
Il Dottore segnala tre campanelli d’allarme che possono indicare che il corpo non sta reagendo bene ai cibi fermentati:
“Il primo segnale"è un cambiamento evidente nella consistenza o nella forma delle feci. Esiste una scala di riferimento, la scala di Bristol, che serve proprio a valutare questo aspetto. Se la consistenza si sposta verso gli estremi, significa che quel fermentato non sta andando nella direzione giusta. Un leggero cambiamento nei primi giorni può essere normale, ma poi la situazione dovrebbe tornare alla normalità.”
“Il secondo segnale” aggiunge, “è la comparsa di un forte meteorismo, soprattutto se accompagnato da gonfiore addominale e da un odore particolarmente sgradevole: in questo caso è chiaro che l’alimento non è ben tollerato.”
“Il terzo campanello d’allarme” conclude, “riguarda la sensibilità all’istamina. Se dopo aver consumato un cibo fermentato compaiono mal di testa o altri disturbi, è possibile che ci sia un’intolleranza o un’ipersensibilità all’istamina, e conviene sospendere subito l’alimento.”
Cibi fermentati: vantaggi per gravidanza, bambini e anziani
– Dottore, è opportuno che una donna in gravidanza consumi cibi fermentati? E per i bambini, a che età è consigliabile introdurli?
“Certamente sì,” risponde il Dottor Manera. “I cibi fermentati non hanno controindicazioni in gravidanza, anzi: se provengono da una produzione sicura, quindi non contaminata, possono favorire il benessere generale della donna in questo periodo così delicato.”
Per quanto riguarda i più piccoli, il Dottore spiega che l’introduzione dei cibi fermentati può iniziare già durante lo svezzamento:
“Una volta che il bambino viene svezzato dal latte materno, o anche durante questa fase, introdurre alimenti fermentati non arreca alcun disturbo. Anzi, aiuta a favorire la crescita di un microbiota più differenziato.”
Un microbiota sano, sottolinea il Dottor Manera, è caratterizzato da quella che viene definita alfa biodiversità, cioè la presenza di molteplici specie batteriche diverse in equilibrio tra loro:
“Tanto maggiore è la varietà di batteri presenti nel microbiota, tanto più esso è sano ovviamente entro certi limiti. L’utilizzo di cibi fermentati favorisce proprio questa alfa biodiversità, grazie al contenuto di prebiotici e postbiotici che nutrono e stimolano la flora intestinale.”
Il beneficio, aggiunge, non riguarda solo bambini e adulti: “Anche nell’anziano i cibi fermentati possono essere molto utili. Con l’avanzare dell’età si osserva una marcata riduzione dell’alfa-biodiversità e quasi una scomparsa dei bifidobatteri che sono molto importanti. I cibi fermentati, grazie alla loro azione prebiotica e postbiotica, aiutano a mantenere la popolazione dei bifidobatteri, non introducendoli dall’esterno, ma stimolandone la crescita attraverso l’arrivo di sostanze benefiche.”
Il Dottor Manera ritorna poi sulla contrapposizione tra alimenti processati e cibi fermentati, evidenziando come la dieta occidentale moderna, ricca di zuccheri e prodotti industriali, impoverisca il microbiota e favorisca la disbiosi. I cibi fermentati, al contrario, aumentano l’alfa-biodiversità e sostengono l’equilibrio della flora intestinale. Per questo rappresentano un supporto prezioso a tutte le età, contribuendo a compensare le carenze create dalle abitudini alimentari contemporanee.
Probiotici: come assumerli correttamente
– Come considera l’assunzione di probiotici?
“Dal mio punto di vista, i probiotici spesso rientrano in mode diffuse in medicina, nutrizione e nutrautica. Non sto dicendo che non siano utili: lo sono, ma devono essere prescritti da chi conosce il paziente e il suo quadro clinico.”
“Oggi molte persone vanno in farmacia e comprano integratori a caso. Questo approccio è sbagliato: la somministrazione dei probiotici deve essere logica, mirata e basata sulle reali esigenze del paziente.”
Somministrarli senza una valutazione accurata può risultare dannoso, soprattutto in caso di disbiosi. “Se somministro un probiotico a chi ha già uno squilibrio intestinale senza conoscere i ceppi necessari, rischio di peggiorare la situazione o di fornire batteri inutili. In alcune situazioni, anche un esame del microbiota può essere utile per definire il trattamento più adatto.”
“Durante una terapia antibiotica, ad esempio, lattobacilli e bifidobatteri vengono distrutti dal farmaco, vanificando l’assunzione. In questi casi conviene usare ceppi resistenti, come Saccharomyces boulardii, un lievito che non viene ucciso dall’antibiotico.”
-Dottore, grazie di tutto: è stata una bellissima intervista.
“Grazie Marco, davvero di cuore, mi ha fatto molto piacere.”
Prossimi corsi
Passa dalla teoria alla pratica, partecipa ad un corso ed impara in diretta tutti i segreti della fermentazione. Nel calendario potrai trovare corsi in ogni parte d'Italia o formazioni personalizzate residenziali a casa mia!

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09/12/2025
Salute
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– Dottor Manera, lei distingue spesso tra “mangiare” e “nutrirsi”. Cosa intende?
“Spesso mangiare e nutrirsi vengono confusi,” spiega il Dott. Manera. “Mangiare significa semplicemente introdurre cibo per riempire lo stomaco, spesso con una componente psicologica legata ad ansia, stress o bisogno di conforto, che può trasformarsi in un comportamento disfunzionale. Nutrire, invece, significa farlo con consapevolezza: assumere sostanze adeguate per favorire un metabolismo corretto, una crescita sana e uno sviluppo orientato alla salute, ascoltando il proprio corpo e personalizzando le scelte. Questa consapevolezza è particolarmente importante nella scelta dei cibi fermentati, che apportano benefici al microbiota intestinale.”
Cibi fermentati: quanto consumarne e quali scegliere
– Dottor Manera, le capita spesso che i pazienti le chiedano se un certo alimento fermentato “fa bene o fa male”?
“Continuamente. Mi chiedono: ‘Dottore, posso mangiare questo? Posso mangiare quello? Questo fermentato va bene per me?’
La verità è che è impossibile rispondere in modo assoluto, perché ogni persona è diversa. Prima di tutto bisogna valutare il caso, l’anamnesi, la storia clinica e personale. Non ha senso dire che un alimento fa bene o fa male in generale: dipende da chi lo mangia, da come lo mangia, e in che momento della sua vita si trova.”
– Una domanda ricorrente è proprio: “Quanto kefir posso bere?” o “Meglio kefir d’acqua o di latte?”
“Domande classiche. Ma la risposta è semplice: non c’è una dose giusta!
Non posso dire a una persona che non conosco quanto kefir dovrebbe assumere, perché la tolleranza e il bisogno variano da individuo a individuo. Ancora una volta, dipende dal contesto. In generale, consiglio sempre di iniziare con dosaggi molto bassi e osservare come reagisce il corpo. Se non si manifestano disturbi, si può aumentare gradualmente la quantità. È una regola di buon senso: se non succede nulla, significa che l’alimento è ben tollerato e quindi fa bene.”
– E quindi, esiste un fermentato “migliore”?
“È un errore comune pensare che esistano fermentati migliori di altri in senso assoluto: in realtà, tutto dipende dalle esigenze e dalla tolleranza di ciascuno. Spesso, però, si dimentica che molti alimenti che consumiamo ogni giorno sono già fermentati, anche se non ce ne rendiamo conto: caffè, tè, cioccolato, vino, birra, salumi e pane fanno parte della nostra alimentazione quotidiana. Accanto a questi, ci sono poi fermentati più particolari, come kefir o kombucha, oggi molto popolari.
La cosa importante è non basare la propria scelta esclusivamente sulle mode alimentari, perché un alimento che va bene per qualcuno potrebbe non essere adatto a tutti”.
In altre parole, i cibi fermentati non sono “miracolosi” o universali, ma diventano efficaci quando sono integrati in un regime alimentare personalizzato, che considera:
- la tolleranza individuale,
- le abitudini quotidiane,
- eventuali disbiosi o sensibilità,
- gli obiettivi di salute complessivi.
Cibi fermentati vs processati: perché scegliere la fermentazione
– Dottor Manera, in un’epoca come la nostra, dominata da cibi industriali e processati, quale ruolo svolgono oggi i cibi fermentati nella nostra alimentazione?
Il Dottore inizia chiarendo che i cibi ultraprocessati sono una categoria pericolosa dei cibi industriali:
“È importante fare una premessa alla luce dei recenti episodi di intossicazioni alimentari, come quelle da botulino, che purtroppo hanno causato decessi. La sicurezza alimentare è fondamentale: gli alimenti industriali, se preparati correttamente, hanno un rischio bassissimo. Non bisogna demonizzare tutto ciò che è industriale, ma prestare attenzione ai cibi ultra-processati: quelli impoveriti di micronutrienti, ricchi di additivi, coloranti e conservanti, che possono rappresentare un reale pericolo per la salute.”
Dopodiché, il Dottor Manera spiega che i cibi fermentati come verdure fermentate, kefir o miso, rispetto ai cibi processati, apportano diversi benefici fondamentali:
- migliorano la digeribilità dei nutrienti
- la biodisponibilità di alcune sostanze
- favoriscono la produzione di acidi grassi a corta catena (SCFA),
- supportano il microbiota intestinale
- contribuiscono alla protezione e alla salute della mucosa intestinale.
Ecco le sue parole:
“Per quanto riguarda i cibi fermentati, questi alimenti presentano numerosi vantaggi. Tra i principali c’è una migliore digeribilità: la fermentazione scinde alcune proteine e zuccheri naturalmente presenti negli alimenti, rendendo più semplice per l’organismo assimilarli.
Un altro beneficio è l’aumento della biodisponibilità di alcune sostanze, come vitamine e minerali che spesso sono legati ad altri componenti dei cibi e quindi non facilmente assorbibili. La fermentazione li libera, rendendoli più disponibili per il nostro organismo.
Un altro vantaggio importante è la produzione di acidi grassi a corta catena, come l’acido butirrico, l’acido lattico e l’acido acetico, prodotti dai batteri durante la fermentazione. Tra questi, il butirrato è particolarmente noto per i suoi effetti positivi sulla salute intestinale e sistemica. Gli acidi grassi a corta catena (SCFA) nutrono i batteri buoni, limitano la crescita dei batteri potenzialmente dannosi, riducendo la proliferazione fungina e supportano gli enterociti, le cellule che rivestono la mucosa intestinale, contribuendo a ridurre la permeabilità intestinale e a favorire la eubiosi, riducendo la disbiosi, cioè riportando equilibrio al microbiota.”
Cibi fermentati: probiotici, prebiotici e postbiotici, tutto quello che devi sapere
– Dottore, ma i cibi fermentati sono probiotici?
“La maggior parte delle persone crede che i cibi fermentati sono probiotici, ma non è corretto. Io sostengo che non siano affatto probiotici, ma prebiotici e postbiotici.
Il Dottore spiega che, per essere definito probiotico, un alimento deve contenere microrganismi vivi che rispettano due requisiti fondamentali:
- aumentare la numerosità delle colonie batteriche benefiche nell’intestino, senza però colonizzarlo in modo permanente;
- non essere antibiotico-resistenti, ossia non sviluppare resistenze che possano alterare l’equilibrio del microbiota.
Ed è proprio il primo requisito a non essere rispettato dai cibi fermentati, infatti il Dottore sostiene:
“I batteri presenti nei cibi fermentati sono miliardi, ma una volta arrivati nello stomaco, in un ambiente molto acido (pH 2), muoiono e non arrivano vivi nell’intestino tenue non contribuendo di fatto ad aumentare il numero delle colonie batteriche del microbiota. Per questo motivo, i batteri dei cibi fermentati non possono essere considerati probiotici.”
Tuttavia, sebbene l’acidità dello stomaco impedisca ai cibi fermentati di esercitare un effetto probiotico, il Dottor Manera sottolinea che questa barriera è fondamentale per proteggerci dai microrganismi indesiderati e limitare lo sviluppo di disbiosi intestinali.
– Che cosa vuol dire che i cibi fermentati sono prebiotici e postbiotici?
“Prebiotici perché contengono sostanze che favoriscono la proliferazione e il benessere dei batteri intestinali”, spiega il Dottor Manera.
I prebiotici sono composti che non vengono digeriti dal nostro stomaco e arrivano intatti nell’intestino, dove diventano nutrimento per i microrganismi residenti, contribuendo alla loro crescita.
Nei cibi fermentati si trovano spesso sostanze prebiotiche come:
- Esopolisaccaridi prodotti da alcuni batteri lattici, che agiscono come fibre fermentescibili utili alla crescita dei microbi intestinali;
- Amido resistente, generato dalla conversione dell’amido presente negli alimenti vegetali grazie all’acidità prodotta dalla fermentazione lattica.
Successivamente, il Dottor Manera chiarisce che cosa sono i postbiotici:
“I postbiotici sono sostanze generalmente derivate dal metabolismo dei microrganismi. In pratica, ciò che i microrganismi producono durante il loro lavoro viene introdotto nell’organismo e può esercitare effetti benefici. Un esempio di postbiotico è l’acido butirrico, che a volte possiamo introdurre direttamente: esso esercita un effetto favorevole sul nostro intestino e sulle cellule che lo abitano.”
Per completezza riportiamo anche la definizione della International Scientific Association for Probiotics and Prebiotics (ISAPP) che definisce i postbiotici come:
“Una preparazione di microrganismi inattivi e/o dei loro componenti che conferisce un beneficio per la salute dell’ospite.”
Queste definizioni aprono interessanti riflessioni sugli effetti benefici di tutti i cibi fermentati, compresi quelli pastorizzati, che pur non contenendo microrganismi vivi possono comunque sostenere la salute intestinale grazie al loro effetto postbiotico, configurandosi quindi come alimenti funzionali.
Cibi Fermentati: a chi fanno male e come capirlo
– Dottore, possiamo dire che i fermenti fanno bene a chiunque, o ci sono eccezioni?
“Non proprio,” chiarisce il Dottor Manera. “Nonostante i numerosi benefici, i cibi fermentati non sono adatti a tutti.” In particolare chi soffre di:
Disbiosi intestinale:
soffrendo in forma medio-grave di questa patologia si deve prestare molta attenzione: un alimento fermentato, proprio perché stimola l’attività batterica, può accentuare l’eccessiva fermentazione intestinale, peggiorando i sintomi.
“Quando c’è un quadro disbiotico,” spiega il Dottore, “introdurre una sostanza altamente nutrizionale come un alimento fermentato può stimolare la sovracrescita batterica e causare fastidi. In questi casi è possibile non tollerarlo affatto.”
SIBO (Small Intestinal Bacterial Overgrowth):
per esempio, i cibi fermentati sono fortemente sconsigliati, poiché possono provocare disturbi anche importanti.
“Chi ha una SIBO,” precisa il Dottor Manera, “non dovrebbe consumare cibi fermentati, perché rischierebbe di peggiorare la condizione.”
Un’altra possibile controindicazione riguarda:
Ipersensibilità all’istamina:
“I cibi fermentati possono contenerne quantità variabili,” spiega il Dottore, “perché i batteri, durante il loro metabolismo, producono l’istamina come sostanza di scarto, un vero e proprio postbiotico ad effetto negativo. Per chi soffre di intolleranza o ipersensibilità all’istamina, questi alimenti possono rappresentare una controindicazione assoluta, perché possono provocare reazioni anche importanti.”
Va però precisato che non tutti i cibi fermentati contengono elevate quantità di istamina. Prodotti come i formaggi stagionati possono svilupparne livelli significativi a causa dei lunghi tempi di maturazione. Al contrario, fermentati vegetali come il kimchi presentano generalmente quantità molto più basse, a conferma di quanto il contenuto di istamina dipenda dall’alimento e dal tipo di fermentazione.
– Dottore, come possiamo capire se un cibo fermentato è adatto a noi oppure no?
“È fondamentale procedere con gradualità,” spiega il Dottor Manera. “Bisogna introdurre piccole quantità, osservare come reagisce l’organismo e aumentare solo se l’alimento risulta ben tollerato.”
Il Dottore segnala tre campanelli d’allarme che possono indicare che il corpo non sta reagendo bene ai cibi fermentati:
“Il primo segnale"è un cambiamento evidente nella consistenza o nella forma delle feci. Esiste una scala di riferimento, la scala di Bristol, che serve proprio a valutare questo aspetto. Se la consistenza si sposta verso gli estremi, significa che quel fermentato non sta andando nella direzione giusta. Un leggero cambiamento nei primi giorni può essere normale, ma poi la situazione dovrebbe tornare alla normalità.”
“Il secondo segnale” aggiunge, “è la comparsa di un forte meteorismo, soprattutto se accompagnato da gonfiore addominale e da un odore particolarmente sgradevole: in questo caso è chiaro che l’alimento non è ben tollerato.”
“Il terzo campanello d’allarme” conclude, “riguarda la sensibilità all’istamina. Se dopo aver consumato un cibo fermentato compaiono mal di testa o altri disturbi, è possibile che ci sia un’intolleranza o un’ipersensibilità all’istamina, e conviene sospendere subito l’alimento.”
Cibi fermentati: vantaggi per gravidanza, bambini e anziani
– Dottore, è opportuno che una donna in gravidanza consumi cibi fermentati? E per i bambini, a che età è consigliabile introdurli?
“Certamente sì,” risponde il Dottor Manera. “I cibi fermentati non hanno controindicazioni in gravidanza, anzi: se provengono da una produzione sicura, quindi non contaminata, possono favorire il benessere generale della donna in questo periodo così delicato.”
Per quanto riguarda i più piccoli, il Dottore spiega che l’introduzione dei cibi fermentati può iniziare già durante lo svezzamento:
“Una volta che il bambino viene svezzato dal latte materno, o anche durante questa fase, introdurre alimenti fermentati non arreca alcun disturbo. Anzi, aiuta a favorire la crescita di un microbiota più differenziato.”
Un microbiota sano, sottolinea il Dottor Manera, è caratterizzato da quella che viene definita alfa biodiversità, cioè la presenza di molteplici specie batteriche diverse in equilibrio tra loro:
“Tanto maggiore è la varietà di batteri presenti nel microbiota, tanto più esso è sano ovviamente entro certi limiti. L’utilizzo di cibi fermentati favorisce proprio questa alfa biodiversità, grazie al contenuto di prebiotici e postbiotici che nutrono e stimolano la flora intestinale.”
Il beneficio, aggiunge, non riguarda solo bambini e adulti: “Anche nell’anziano i cibi fermentati possono essere molto utili. Con l’avanzare dell’età si osserva una marcata riduzione dell’alfa-biodiversità e quasi una scomparsa dei bifidobatteri che sono molto importanti. I cibi fermentati, grazie alla loro azione prebiotica e postbiotica, aiutano a mantenere la popolazione dei bifidobatteri, non introducendoli dall’esterno, ma stimolandone la crescita attraverso l’arrivo di sostanze benefiche.”
Il Dottor Manera ritorna poi sulla contrapposizione tra alimenti processati e cibi fermentati, evidenziando come la dieta occidentale moderna, ricca di zuccheri e prodotti industriali, impoverisca il microbiota e favorisca la disbiosi. I cibi fermentati, al contrario, aumentano l’alfa-biodiversità e sostengono l’equilibrio della flora intestinale. Per questo rappresentano un supporto prezioso a tutte le età, contribuendo a compensare le carenze create dalle abitudini alimentari contemporanee.
Probiotici: come assumerli correttamente
– Come considera l’assunzione di probiotici?
“Dal mio punto di vista, i probiotici spesso rientrano in mode diffuse in medicina, nutrizione e nutrautica. Non sto dicendo che non siano utili: lo sono, ma devono essere prescritti da chi conosce il paziente e il suo quadro clinico.”
“Oggi molte persone vanno in farmacia e comprano integratori a caso. Questo approccio è sbagliato: la somministrazione dei probiotici deve essere logica, mirata e basata sulle reali esigenze del paziente.”
Somministrarli senza una valutazione accurata può risultare dannoso, soprattutto in caso di disbiosi. “Se somministro un probiotico a chi ha già uno squilibrio intestinale senza conoscere i ceppi necessari, rischio di peggiorare la situazione o di fornire batteri inutili. In alcune situazioni, anche un esame del microbiota può essere utile per definire il trattamento più adatto.”
“Durante una terapia antibiotica, ad esempio, lattobacilli e bifidobatteri vengono distrutti dal farmaco, vanificando l’assunzione. In questi casi conviene usare ceppi resistenti, come Saccharomyces boulardii, un lievito che non viene ucciso dall’antibiotico.”
-Dottore, grazie di tutto: è stata una bellissima intervista.
“Grazie Marco, davvero di cuore, mi ha fatto molto piacere.”
Prossimi corsi
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