Koji: guida passo passo alla produzione e all'utilizzo in cucina

04/05/2025
Indice
- Il Koji e l'aspergillus
- Cos'è il koji?
- A. oryzae e sue varianti
- Funzione enzimatica dell'Aspergillus nel substrato: amilasi, proteasi, lipasi
- Criteri di selezione degli starter
- Come si produce il Koji di riso?
- La gestione del koji durante l'incubazione
- Fine del ciclo di produzione e conservazione
- Tipi di koji e substrati alternativi
- Usi tradizionali del koji
- Usi moderni del koji
- Letture per imparare tutto sul koji
Il Koji e l'aspergillus
Il Koji è un sottoprodotto della lavorazione del riso inoculato con il fungo aspergillus oryzae, un fungo filamentoso microscopico. Crescendo sul riso, l'aspergillus trasforma il cereale in un prodotto versatile e di largo utilizzo in cucina, utile nella preparazione di alimenti come Miso, Shoyu, Tamari, Mirin, Amasake, Aceto di riso, Acidulato di riso, Sakè, Doburoku. Tutti questi prodotti hanno in comune la stessa cosa, il koji e l'aspergillus oryzae.
Perché il Koji è un ingrediente chiave nella cucina fermentata asiatica e moderna?
Come fa un unico ingrediente come a creare molti alimenti, alcuni dei quali radicalmente diversi tra di loro? Dalla preparazione di paste sapide, a quella di salse, dalla preparazione di bevande alcoliche a quelle acetiche fino alla preparazione di bevande zuccherine come amazake e latte di riso. Cosa rende il koji così versatile?
Il segreto risiede nei suoi enzimi. Quando il fungo cresce su un substrato come il riso, crea una serie di enzimi utili alla elaborazione delle diverse molecole che sono contenute nel cereale. Gli enzimi sono delle proteine che hanno la capacità di elaborare in maniera molto veloce ed efficente diverse molecole come grassi, proteine, amidi, cellulosa ed altre ancora.
L' A. oryzae, crescendo sul cereale (ma può anche crescere su altri substrati come altri cereali o legumi come spiegherò più avanti) produce questi enzimi con lo scopo di elaborare meglio le molecole del substrato al fine di ottimizzare il proprio nutrimento. Questi enzimi sono i responsabili dei principali cambiamenti delle molecole all'interno dei nostri piatti.
A. oryzae un fungo dalle mille risorse
| Dominio | Eukaryota |
|---|---|
| Regno | Fungi |
| Phylum | Ascomycota |
| Subphylum | Pezizomycotina |
| Classe | Eurotiomycetes |
| Ordine | Eurotiales |
| Famiglia | Trichocomaceae |
| Genere | Aspergillus |
| Sezione | Aspergillus (ex Flavi) |
| Specie | Aspergillus oryzae |
| Binomio | Aspergillus oryzae (Ahlb. ex F.H. Wint.) |
| Nome comune | Koji mold (muffa del koji) |
L'aspergillus oryzae appartiene al genere Aspergillus, un genere che contiene dalle 340 alle 350 specie (fonte: Mycobank, Index Fungorum, dati aggiornati al 2024). Tra tutte queste specie solo 30/40 hanno interesse industriale e clinico rilevante, il resto delle specie non suscita interesse specifico mentre molte sono considerate tossiche patogene (A. flavus, A. fumigatus ecc...) poichè possono causare l'aspergillosi, una patologia dalle gravi complicazioni respiratorie.
Come fungo utilizzato negli alimenti, viene citato per la prima volta nel "Libro dei Riti" della dinastia Zhou in Giappone nel 300 a.C. Già da quei tempi veniva usato per diversi prodotti all'interno della cultura giapponese. Solo verso la fine dell'800 però il fungo è stato osservato al microscopio e categorizzato.
Cos'è il koji?
L'unione tra Aspergillus oryzae e riso (o altro cereale) crea quindi il koji, un prodotto ormai simbolo della cultura e dell'alimentazione giapponese, capace di creare una varietà impressionante di alimenti grazie agli enzimi che il fungo crea. Nei prossimi paragrafi vedremo come avviene questa trasformazione passo passo, frutto di un lungo ed elaborato processo di incubazione.
Può esser prodotto in casa in modo discretamente semplice seguendo nemerosi e rigorosi passaggi. In alternativa può essere acquistato già pronto. Questa seconda opzione è più comoda per tutti coloro che non vogliono o non possono cimentarsi nella sua produzione, dal momento che pur essendo un processo relativamente semplice richiede cura e tanto tempo a disposizione. L'opzione dell'acquisto garantisce un prodotto sicuro, stabile e facile da conservare poichè quelli che si trovano in comercio sono essiccati.
Differenza tra Kome koji e Tane koji
Quando vogliamo acquistare il koji dobbiamo porre attenzione alle varie tipologie in commercio. Difatti ne esistono diverse varietà ed alcuni prodotti come "riso koji" e "spore di koji" possono essere confusi tra loro. Mi capita spesso infatti di ricevere messaggi da persone che acquistano uno al posto dell'altro. Prima di vedere qual'è la differenza tra il koji di riso e le spore del koji vediamo quanti tipi di koji ci sono in commercio e come si presentano in modo da poterlo riconoscere facilmente.
Il koji di riso è composto sempre da chicchi di cereale di colore bianco candido se fatto di riso raffinato o marroncino con sfumature verdi se fatto con riso integrale. Koji bianco e koji integrale sono le due varietà che si possono trovare in commercio in Italia in questo momento (2025).
Come prodotto il koji sembra a tutti gli effetti un riso come quelli che si acquistano in tutti i negozi, fatto di chicchi interi separati tra di loro. In alcuni casi si possono notare chicchi attaccati tra loro dalla muffa dell'aspergillus. Questo prodotto reperibile in commercio anche con altri nomi non in italiano che è bene conoscere e sono: Kome koji, Koji malt Dry, Riso maltato di koji.
Come detto può essere prodotto dal riso ma anche da altri cereali. Il koji d'orzo è l'altra variabile tradizionale prodotta in Giappone. In Italia si trova raramente e si può acquistare solo on line presso siti specializzati. Sia per conoscere su quali siti affidabili acquistarlo o anche per imparare a produrlo con qualunque substrato puoi iscriverti alla mia Koji On Line Masterclass, un corso completo in tre giornate che ti insegnerà tutto sul koji e sul suo utilizzo in cucina con lezioni pratiche e dimostrative.
Le spore di Aspergillus
Un prodotto completamente diverso dal koji è il Tane koji. Si tratta dell'altra varietà di koji che possiamo trovare in commercio con questa denominazione ma che ha un utilizzo differente. Se il Kome koji viene utilizzato come prodotto già pronto per l'utilizzo nei diversi preparati come Miso, Amazake ecc, il Tane koji è la polvere starter che serve a produrlo, in pratica si tratta delle spore del fungo Aspergillus oryzae che inoculate sul riso opportunamente trattato vi permetterà di avere il koji.
"In pratica per fare il koji vi serve il Tane koji, per fare invece il miso, l'amazake, il sakè e tutti gli altri prodotti derivati vi serve il Kome koji."
Il Tane koji si presenta quindi come una polvere e di solito va utilizzato in piccolissime quantità sui vari substrati come i cereali o i legumi.
A. oryzae e sue varianti
Se esistono diverse varianti di koji, esistono ancora più varianti di spore di aspergillus. Sono circa trenta ad oggi le varietà di aspergillus che vengono utilizzate. Tutte queste varianti possono essere raggruppate in tre specie principali: le spore di Aspergillus oryzae, le spore di Aspergillus soyae e le spore di Aspergillus luchuensis. Se Aspergillus è il genere di questo fungo, oryzae, soyae e luchuensis sono le specie.
Ognuna di queste specie possiede diversi ceppi che rendono ogni tipologia adatta a specifici substrati, e quindi possiamo trovare ceppi specifici di Aspergillus oryzae più adatte al riso o più adatte all'orzo, di colorazione bianca, verde o gialla o più adatte a tipologie di prodotti che si vuole creare (Miso, Amazake, Sakè ecc...). Lo stesso possiamo dire del soyae e del luchuensis, del quale ad esempio troviamo varianti marroni, bianche o nere (quest'ultima variante viene anche chiamata Awamori dal nome di un distillato che si produce in Giappone proprio dall'utilizzo di questio ceppo). Se vuoi capire quale ceppo utilizzare sui diversi tipi di substrati guarda la tabella in basso.
Tutte queste varianti che possiamo utilizzare in coltura sono sicure dal punto di vista della nostra salute anche se non bisogna esagerare con l'inalazione di spore di questo fungo. Si tratta sempre di piccoli corpi estranei (le spore) che entrano nei nostri polmoni e che in alcuni casi possono verificare sporadiche allergie al fungo anche se molto rare e del tutto innocue e gestibili anche perchè queste tipologie di Aspergillus sono considerate come G.R.A.S. – Generally Recognized As Safe – ovvero scientificamente sicure dal punto di vista della salute umana. Questo non è però valido per tutti i tipi appartenenti a questo genere.
La storia dell'Aspergillus e l'evoluzione degli starter nella storia
Tra l'VIII e il X secolo, la produzione del Koji richiedeva l'inoculazione di una grande quantità di starter, pari al 10% del peso del Koji (equivalente a 10-100 volte la quantità attualmente utilizzata), a causa della scarsa qualità degli starter disponibili all'epoca. A quel tempo, non si conosceva l'esatta composizione dello starter e ci si affidava alla magia della fermentazione naturale. Nel corso dei secoli, il lavoro dei tecnici ha permesso di isolare, selezionare e migliorare significativamente gli starter, riducendo drasticamente la quantità necessaria e ottimizzando il processo di fermentazione.
La tecnologia delle ceneri di legno per la produzione di spore (Moyashi).
Il Moyashi si riferisce alle conidiospore di Aspergillus oryzae essenziali come starter. La tecnologia per la produzione del koji (il substrato fermentato) fu introdotta in Giappone durante il Periodo Yayoi (X secolo a.C. - III secolo d.C.), e gli inoculi di funghi filamentosi per la fermentazione erano disponibili commercialmente già tra il XIII e il XV secolo (periodi Heian e Muromachi). I fornitori di conidiospore di A. oryzae per le fabbriche di sakè erano indicati da insegne con i tre caratteri giapponesi "moyashi".
La produzione industriale e la distribuzione di queste spore viventi e non contaminate rappresentava una sfida significativa in un'epoca priva di tecnologie di sterilizzazione o condizionamento dell'aria. La soluzione risiedeva nell'antica tecnica dell'uso delle ceneri di legno. Tradizionalmente, le conidiospore venivano prodotte utilizzando foglie di legno duro bruciate fino a ottenere ceneri bianche in condizioni di scarsa aerazione. Le spore venivano poi confezionate in sacchetti di carta e stratificate con le ceneri all'interno di scatole per la conservazione. Si scoprì anche che l'aggiunta di queste ceneri di foglie direttamente al riso cotto a vapore permetteva una produzione affidabile di conidiospore.
L'efficacia di questa pratica era dovuta a diversi fattori:
• Il pH alcalino generato dalle ceneri aiutava a prevenire la contaminazione da parte di altri microrganismi
• I minerali presenti nelle ceneri, come fosfato di potassio, rame, zinco, manganese e alluminio, non solo promuovevano la crescita del fungo koji, ma ne aumentavano anche la formazione e la durata delle spore
• L'effetto fisico delle ceneri contribuiva a separare i chicchi di riso, evitando che si attaccassero durante il processo
Questa tecnologia fu un'innovazione epocale, rendendo possibile la produzione stabile e la distribuzione dello starter koji in un periodo in cui le tecniche di sterilizzazione erano sconosciute. Sebbene i metodi odierni impieghino sistemi di coltivazione in ambiente controllato per ragioni igieniche, l'ingegno dei predecessori giapponesi nel selezionare ceppi sicuri e sviluppare queste tecniche rimane un esempio di saggezza tradizionale.
Isolamento delle spore pure
Solo nel 1876, H. Ahlburg isolò la muffa koji dal riso giapponese, inizialmente chiamata Eurotium oryzae per la sua incapacità di riproduzione sessuale. Nel 1884, fu rinominata Aspergillus flavus-oryzae. Un punto di svolta significativo nella scoperta e classificazione della muffa Koji avvenne nel 1960, quando oltre 100.000 tacchini morirono nel Regno Unito a causa di mangime contaminato da aflatossine prodotte da Aspergillus flavus. Le aflatossine, metaboliti cancerogeni, sollevarono preoccupazioni poiché Aspergillus oryzae era classificato nello stesso gruppo di Aspergillus flavus. Questo evento scosse profondamente il mondo dei produttori di sakè giapponesi, che temevano conseguenze devastanti per le loro attività a causa dell'associazione con Aspergillus flavus e le sue aflatossine.
Tuttavia, dopo rigorose ispezioni, fu confermato che le muffe Koji utilizzate per la fermentazione del sakè non producevano aflatossine.
Da questi fatti emerge che A. oryzae è geneticamente molto simile a A. flavus, essenzialmente identico, ma si distingue per la sua peculiarità di non produrre composti tossici. Questo suggerisce che, nel corso della lunga storia della produzione del Koji in Giappone, gli antenati abbiano selezionato un particolare mutante di Aspergillus flavus incapace di produrre aflatossine, garantendo così la sicurezza e l'affidabilità della muffa Koji utilizzata nei processi fermentativi. Questo fu probabilmente il primo processo di selezione e miglioramento della muffa Aspergillus nella storia della produzione alimentare giapponese.
L'aspergillosi e il fungo Aspergillus
Quando alcune specie di funghi del genere Aspergillus vengono respirati si verifica una invasione dei tessuti polmonari, dei vasi sanguigni e dei tessuti nervosi che viene chiamata aspergillosi. E' una patologia mediamente pericolosa caratterizzata da una elevata mortalità ed è causata da alcuni ceppi specifici di aspergillus come A. fumigatus (per inalazione) A. Flavus (per ingestione, produce aflatossine). Tuttavia queste complicazioni sono tipiche di persone immunodepresse dal momento che la maggior parte delle vote che respiriamo spore di Aspergillus, queste non producono nessun effetto collaterale in persone perfettamente sane.
Funzione enzimatica dell'Aspergillus nel substrato: amilasi, proteasi, lipasi
Quando facciamo crescere il fungo sul riso (o altro cereale) lo incentiviamo alla produzione di particolari molecole chiamate enzimi. Gli enzimi sono una categoria di proteine in grado di catalizzare ed accelerare alcune reazioni chimiche senza consumarsi nella reazione. Ogni reazione chimica in natura ha i suoi enzimi ed in particolare l'Aspergillus produce i seguenti enzimi:
- Amilasi (AA) e Glucoamilasi (GA): sono i principali enzimi amilolitici. Questi enzimi sono responsabili della scomposizione dell'amido in zuccheri semplici, fondamentali per creare dolcezza e fornire il nutrimento necessario per le successive fermentazioni lattiche o alcoliche. Questa attività è particolarmente elevata in A. oryzae.
- Proteasi Acide (ACP), Proteasi Neutre, Proteasi Alcaline: Questi enzimi scindono le proteine in peptidi e differiscono per il pH ottimale in cui operano. Le proteasi acide lavorano a un pH di circa 3, le proteasi neutre a un pH intorno a 6, e le proteasi alcaline in un range tra 9 e 12.
- L-Glutaminasi: Contribuisce ad aumentare la concentrazione di acido glutammico, migliorando così il gusto umami del prodotto. Questa attività è particolarmente elevata nei ceppi di A. sojae.
- Aminopeptidasi e Carbossipeptidasi: Questi enzimi catalizzano la scissione degli amminoacidi dalle proteine, producendo amminoacidi liberi che conferiscono sapori dolci e umami, contribuendo anche alla riduzione dell'amaro.
- Tirosinasi: Questo enzima è responsabile del cambiamento di colore in alcuni prodotti fermentati. Questa attività è particolarmente elevata in A. soyae ed in alcuni ceppi di A. oryzae. Alcuni preparati richiedono ceppi che non producano elevati livelli di tirosinasi (come amasake e sakè) poiché questa converte la tirosina in composti scuri, compromettendo l'aspetto chiaro e desiderabile del prodotto. Nello shio koji, invece, l'attività dell'enzima è inibita dal sale, quindi non rappresenta un problema. Mentre è attiva in shoyu e tamari.
- Xilanasi, Cellulasi e Pectinasi: Questi enzimi degradano la parete cellulare della soia, permettendo una maggiore efficienza di degradazione da parte di amilasi e proteasi, contribuendo all'aumentata percezione del gusto umami nella salsa di soia.
Oltre alla produzione di enzimi alcuni ceppi specifici di Aspergillus producono anche altre molecole moto importanti come:
- Acido Citrico: importante in alcune produzioni ed è specifica dei ceppi di A. luchuensis anche se tutti i ceppi ne producono in piccole quantità soprattutto A. oryzae. Quest'attività è responsabile dell'acidità delll'amazake quando viene conservato a lungo.
- Deferriferrichrysin: questa molecola contribuisce alla formazione di composti bruni indesiderati. Attività specifica di molti Aspergillus soprattutto di A. oryzae e soyae
Principali molecole prodotte da ogni tipologia di koji
| Enzima / Molecola | A. oryzae | A. sojae | A. luchuensis |
|---|---|---|---|
| α-Amilasi (AA) | Alta attività; ideale per mirin, amazake, sakè; rischio di saccarificazione eccessiva in salsa di soia. | Bassa attività; adatta per salsa di soia per evitare eccessiva dolcezza. | Alta attività; essenziale nella produzione di shōchū per convertire l'amido in zuccheri fermentabili. |
| Glucoamilasi (GA) | Elevata produzione; contribuisce alla dolcezza in amazake e mirin. | Moderata attività; sufficiente per la fermentazione della salsa di soia. | Alta attività; fondamentale per la saccarificazione durante la produzione di shōchū. |
| Proteasi Acide (ACP) | Presente; utile in ambienti a pH basso come il miso. | Alta attività; favorisce la produzione di aminoacidi liberi nella salsa di soia. | Presente; contribuisce alla degradazione delle proteine durante la fermentazione del shōchū. |
| Proteasi Neutre | Alta attività; efficace nella degradazione delle proteine in ambienti a pH neutro. | Alta attività; essenziale per la produzione di aminoacidi nella salsa di soia. | Presente; supporta la degradazione delle proteine durante la fermentazione del shōchū. |
| Proteasi Alcaline | Presente; utile in ambienti a pH elevato. | Presente; contribuisce alla scomposizione delle proteine in ambienti alcalini. | Presente; supporta la degradazione delle proteine durante la fermentazione del shōchū. |
| L-Glutaminasi | Presente; contribuisce all'umami. | Alta attività; aumenta significativamente l'acido glutammico, migliorando l'umami nella salsa di soia. | Presente; contribuisce all'umami nel shōchū. |
| Aminopeptidasi / Carbossipeptidasi | Alta attività; produce amminoacidi liberi, migliorando sapori dolci e umami. | Alta attività; essenziale per la produzione di aminoacidi nella salsa di soia. | Presente; contribuisce alla produzione di amminoacidi nel shōchū. |
| Tirosinasi | Presente; può causare scurimento indesiderato in prodotti chiari come mirin e amazake. | Presente; può influenzare il colore della salsa di soia. | Presente; può influenzare il colore del shōchū. |
| Xilanasi / Cellulasi / Pectinasi | Alta attività; degrada pareti cellulari, migliorando l'accesso agli amidi e proteine. | Alta attività; facilita la degradazione dei componenti della parete cellulare nella salsa di soia. | Alta attività; supporta la scomposizione dei componenti cellulari durante la fermentazione del shōchū. |
| Produzione di Acido Citrico | Moderata; contribuisce alla conservabilità del prodotto. | Bassa; meno rilevante nella salsa di soia. | Alta; importante per la conservazione e il sapore del shōchū. |
| Deferriferrichrysin (composti bruni) | Possibile produzione; indesiderata in prodotti chiari come il sakè. | Bassa produzione; preferibile per mantenere la chiarezza nella salsa di soia. | Possibile produzione; può influenzare il colore del shōchū. |
Criteri di selezione degli starter
La selezione dei migliori starter per il Koji è un passo importante per ottenere un prodotto di alta qualità. Tuttavia, esistono molti alcuni criteri di selezione da considerare, che vengono descritti nelle schede tecniche di ciascun starter come:
-
Lunghezza delle Ife:
Le ife sono le radici dei funghi. I ceppi di muffa koji con una crescita intensa, caratterizzata da ife intrecciate e gambo lungo e compatto, presentano un aspetto visivamente attraente con un colore bianco brillante, ma producono una quantità limitata di spore, con una resa di circa il 3% del materiale totale. D'altra parte, i ceppi con un gambo corto possono superare il 10% del materiale totale in spore dopo l'essiccazione. Nel processo di produzione del miso, il micelio gioca un ruolo cruciale, influenzando direttamente la consistenza finale del prodotto.
I ceppi con ife lunghe creano spazi che contengono ossigeno, favorendo i lieviti. Le ife lunghe possono anche produrre e rilasciare una maggiore quantità di enzimi durante la fermentazione, poiché possono penetrare più profondamente nel substrato di riso, facilitando una fermentazione uniforme e completa. Inoltre, le ife lunghe di Aspergillus oryzae hanno una maggiore capacità di trattenere acqua rispetto alle ife corte, influenzando la consistenza del Koji: rendono il prodotto più umido e morbido, ma anche più compatto e meno incline alla formazione di grumi.
-
Calore Metabolico Prodotto:
Il calore metabolico prodotto può influenzare il processo di produzione di un particolare fermentato, poiché modifica la temperatura circostante e può influire sulla crescita del fungo e sul risultato finale.
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Potere di Glicazione Enzimatica:
Durante la fermentazione, l'attività amilasica e proteasica produce zuccheri semplici e amminoacidi che, attraverso la reazione di Maillard, portano alla formazione di composti scuri. Un elevato potere di glicazione enzimatica indica una maggiore produzione di questi composti bruni, che possono scurire il fermentato.
-
Velocità di Crescita:
I ceppi utilizzati per la salsa di soia mostrano una crescita più lenta rispetto ai ceppi per il riso, e A. luchuensis ha una crescita ancora più lenta.
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Capacità di Produzione Enzimatica:
Vedi scheda sopra.
Come si produce il Koji di riso?
Attrezzatura
Per il fare il koji vi servirà avere in casa la seguente attrezzatura:
• 1 kg di riso (vedremo tra poco quale)
• Un colino di rete capiente ed un colino a rete piccolo (facoltativo)
• una ciotola
• lo starter aspergillus oryzae, che avete acquistato
• un bilancino di precisione capace di misurare i grammi
• una vaporiera
• teli bianchi di cotone
• una coperta termica, essiccatore o forno
• un termometro igrometro sonda a filo
• una teglia d’acciaio o di legno
• una spatola.
Se hai in casa tutta questa attrezzatura puoi procedere con la produzione.
1. La scelta del riso giusto
Esistono diversi tipi di riso. In linea di principio sono tutti o quasi, adatti per la produzione, anche se alcuni hanno caratteristiche che li rendono più adatti di altri. Le caratteristiche che rendono un riso più adatto rispetto ad altri sono due: la grandezza del chicco ed il fatto che sia bianco. Non integrale.
Un chicco grande aiuta a la maneggiabilità, permette di poterlo osservare e di comprendere meglio come procede la proliferazione. Il riso bianco è fondamentale per permettere al fungo A. oryzae, di poter proliferare bene su ogni chicco, senza che la crusca ne impedisca il processo di attecchimento. Tuttavia, un riso integrale può essere utilizzato adattando il processo di produzione che descriveremo in questa guida. Puoi utilizzare anche altri cereali per fare come ad esempio orzo, farro o miglio. Ognuno di questi cereali richiede un ammollo ed un tempo di cottura differente che andrà sperimentato di volta in volta
Il processo di produzione che osserveremo in questo corso, sarà dunque riferito all’utilizzo di un riso Arborio bianco, che puoi procurarti facilmente in un qualsiasi negozio. Va anche bene per il riso Carnaroli, Roma, Ribe, Rosa Marchetti, S. Andrea, Baldo. Queste tipologie di riso possono tutte essere trattate allo stesso modo. Risi più piccoli potrebbero richiedere un tempo di cottura più basso. Ma sono comunque utilizzabili.
Ora che hai il riso possiamo passare alla fase dell’ammollo. Il tempo richiesto per l’ammollo del riso è compreso tra le 6 e le 12 ore. Utilizzeremo della comune acqua di rubinetto fredda. Per contenere il riso invece useremo una ciotola di un diametro adeguato. Si possono utilizzare ciotole di legno, d’acciaio, di plastica o anche una pentola.
In ultimo, ti consiglio di eseguire questa procedura possibilmente di sera, dal momento che gli orari del rimescolo del riso che dobrai fare nelle successive 48 ore potrebbero ricadere nelle ore notture e risultare quindi impossibili da effettuare.
2. Lavaggio ed ammollo del riso
Prima dell’ammollo del riso c’è una fase importantissima, che sarebbe il lavaggio del riso. E’ una delle fasi più importanti di questo processo, dove nulla è lasciato al caso. Molto spesso il riso è ricoperto da una grande quantità di amido libero. Attraverso il lavaggio bisogna fare in modo di eliminare questo amido.
Bisogna quindi procedere a fare dei lavaggi del riso, in questo modo:
1. aggiungi acqua nella ciotola dove hai messo il riso, fino a coprirlo. L’amido libero si solleva nell’acqua rendendola torbida.
2. Ora, devi ripetere questo lavaggio tante volte eliminando sempre l'acqua bianca ricca di amido fin quando l’acqua risulta accettabilmente trasparente. Ci vorranno circa 6/7 lavaggi.
3. Una volta che l’acqua è ragionevolmente pulita, significa che la maggior parte dell’amido libero è stato eliminato A questo punto il riso è pronto per passare la sua nottata immerso nell’acqua.
4. Ora, non resta che aspettare he le ore passino, fin quando il riso sarà pronto per la cottura.
3. Cottura del riso
La fase successiva all'ammollo del riso è quella del filtraggio e della cottura. Prima di tutto eliminiamo l’acqua d’ammollo. Per fare questo possiamo servirci del colino a rete. Bisogna mantenere il riso nel colino per circa un’ora, cercando di eliminare tutta l’acqua in eccesso.
L’unica cottura possibile per fare il koji di riso è quella a vapore. Ogni altra cottura renderebbe i chicchi estremamente umidi e flaccidi, non adatti per la coltivazione del fungo aspergillus oryzae. Abbiamo bisogno di raggiungere il risultato di avere dei chicchi cotti e allo stesso tempo sgranati, con un preciso quantitativo d’acqua che solo la cottura a vapore può dare. E’ quindi importante possedere una vaporiera o un forno a vapore.
Nel mio caso utilizzo una vaporiera a gas, una classica pentola facilmente reperibile in commercio. Sarebbe ideale foderare la vaporiera con un telo di cotone sottile per evitare che i chicchi attraverso i fori cadano sotto nell'acqua.
Quando l’acqua bolle puoi mettere il cestello e chiudere con il coperchio ed aviare la cottura. Un ciclo di cottura dura mediamente dai 40 ai 50 minuti, massimo 1 ora. Durante la cottura del riso è buona norma di tanto in tanto guardare come procede. Eventualmente puoi mescolare il riso. Questo aiuterà ad ottenere una cottura più omogenea. Di solito una cottura a vapore di 1 ora è sufficiente a permettere una buona crescita.
Quando il riso è ad una temperatura inferiore ai 40 gradi si può procedere con l’inoculo. E’ il momento di prendere la nostra bustina di starter e con un cucchiaino pulito ed asciutto pesare la quantità di starter necessario che per 1 kg di riso. Quantità maggiori di starter daranno un risultato maggiormente riuscito, mentre quantità minori potrebbero pregiudicare la buona riuscita del processo di proliferazione.
Una volta pesato lo starter procediamo a preparare il riso stendendolo bene nella teglia. Possiamo inoculare il riso servendoci di un piccolo colino a rete o in mancanza, con meno precisione, di un cucchiaino Bisogna spolverare una parte delle nostre spore sui chicchi e successivamente mescolarli per fare in modo che ogni chicco riceva una sua buona porzione di spore. Quando tutto lo starter sarà incorporato al riso procediamo con la messa in dimora del riso per la fase dell'incubazione.
4. Incubazione del koji
Una volta che il riso è stato inoculato bisogna provvedere a creare un ambiente che abbia le caratteristiche fondamentali per la proliferazione del fungo. Queste caratteristiche dovranno essere:
- temperatura di massimo 35 gradi
- umidità costante tra il 70 ed il 90%
- assenza di correnti d'aria
- ossigenazione costante
Ci sono diversi modi per ottenere queste condizioni. Per chi possiede un incubatore o un abbattitore casalingo, mantenere questi parametri sarà semplice. In mancanza di questi elettrodomestici ci sono accorgimenti un po più casalinghi ma non meno efficaci, come:
Coperta termica. Il riso inoculato sarà chiuso nel suo fagotto di telo di cotone (serve a drenare acqua in accesso). Il riso potrà sembrare asciutto, ma non bisogna ingannarsi, se cotto a vapore per un'ora conterrà molta più acqua i quella che si immagina. Inserire nel riso la sonda a filo termoimetro-igrometro, servirà a tenere controllato l’interno del fagotto. Chiudere il fagotto in un sacchetto di plastica o (se presente) chiudere il coperchio del contenitore, ed avvolgere nella coperta termica. Il fagotto di riso dovrà restare in questa posizione per 24 ore, sempre fermo. Non necessita di apertura.
Essiccatore. Se non si possiede una coperta termica si puo usare in alternativa un essiccatore. Seguire la procedura che spiegata in precedenza avvolgendo il riso nel telo di cotone e nel sacchetto di plastica. Non dimenticare la sonda. A questo punto ti basterà inserire il fagotto all’interno dell’essiccatore ed impostare la temperatura di 30 gradi. Anche in questo caso bisogna mantenerlo in questa posizione per 24 ore.
Forno di casa. L’alternativa da usare rispetto questi metodi è quella del forno elettrico. Seguire la procedura descritta per avvolgere il fagotto, inserendo la sonda. A questo punto il fagotto dovrà essere inserito nel forno. Alcuni forni più attrezzati hanno la regolazione della temperatura digitale cosa che semplifica tutto. Basterà regolare la manopola sui 30 gradi e chiudere il forno. In ogni caso bisognerà utilizzare la sonda per testare la regolazione del forno poichè molti forni non sono affidabili nella regolazione delle temperature più basse.
Polibox con tappetino riscaldante. L'ultimo metodo per fare il koji senza spendere troppo in incubartori è quello di crearsene uno utilizzando un polibox in polistirolo ed un tappetino riscaldante per rettili. Questo sistema ha diversi vantaggi: costa poco acquistare questi oggetti; il consumo elettrico è bassissimo; il sistema è collaudato da anni e funziona benissimo; è faciole da pulire; si può riutilizzare anche per altre preparazioni come pasta madre, Tempeh, Natto o Amazake.
Il sistema è molto semplice, devi semplicemente inserire il tappetino nel polibox e posare sopra la tua teglia di riso in incubazione. Meglio usare una griglia per evitare il contatto diretto della teglia con il tappetino (in alcuni casi potrebbe riscaldare troppo). Il calore si diffonderà nel polibox in maniera dolce e omogenea. Di solito non sono necessari controller di umidità al di fuori della sonda a filo e non è necessario introdurre umidità poichè il riso ne contiene già tanta.
La gestione del koji durante l'incubazione
Nelle prime 24 ore di incubazione non bisogna fare molto. Dal momento in cui si chiude il riso, questo inizierà a trasformarsi. Si lascia passare semplicemente questo tempo e dopo 24 ore si arriverà alla fase più delicata, la fase del rimescolo.
Le successive 24 ore infatti prevederanno una serie di attività da parte nostra che saranno cruciali per la buona riuscita del nostro prodotto. Finite le prime 24 ore infatti, se tutto è andato bene le spore avranno messo ife sui chicchi e si sarà già creato un discreto reticolato su di essi. Se l’attività è particolarmente spinta si vedrà già una leggera patina bianca, se l’attività è meno evidente se ne vedrà meno. In ogni caso si sarà sorpresi dall’odore che il riso avrà.
Questa fase è molto importante perché da questa momento in poi il fungo inizia a svilupparsi a grande ritmo. Per questo motivo avrà bisogno di un ricambio d’ossigeno più alto e di un controllo dei parametri più rigido. In questa fase l’attività metabolica del fungo avvierà essa stessa un principio di surriscaldamento del riso. Porterà anche una produzione maggiore di vapore acqueo.Per evitare quindi che la temperatura si alzi troppo e che l’umidità si addensi in eccesso, bisogna mescolarlo più spesso. Da questo momento in poi e per le successive 12 ore il koji andrà mescolato ogni 4 ore. In totale quindi ci saranno quattro mescolamenti che inizieranno da questo momento.
Fatto questo possiamo osservare l’umidità dei panni che l’avvolgevano e del sacchetto. In un normale processo, l’interno del sacchetto è pieno di goccioline d’acqua ed i panni sono umidi. A questo punto avvolgere il fagotto evitando di chiuderlo nel sacchetto. Mettere il telo all’interno di una pirofila ed avvolgere il tutto in un’altra coperta, meglio se di lana.
Possiamo anche evitare di tenerlo nella coperta termica, nel forno o nell’essiccatore accesi poiché nel suo corretto processo la temperatura sarà mantenuta dal metabolismo stesso del fungo. Avvolgere il più possibile e non dimenticare di mettere la sonda a contatto con il riso. In questo momento sarà l’indicatore di ogni cosa che accade li dentro.
In questa fase anche i valori di riferimento cambiano. Tutte le volte che la temperatura sale oltre i 35 gradi sarà richiesto un rimescolo aggiuntivo. Anche l’umidità sarà da tenere controllata evitando che salga oltre il 95% ed anche in questo caso, quando accade, bisogna mescolare per far disperdere l’umidità in eccesso. Parimenti bisogna osservare che la temperatura non scenda sotto i 25 gradi. Se questo dovesse verificarsi bisognare nuovamente inserirlo nella coperta termica, nel forno o nell’essiccatore per aiutarlo a mantenere la temperatura tra i 25 e i 35 gradi.
Man mano che si procederà con i rimescoli, il riso diventarà sempre più bianco. Si arriverà quindi all’ultima fase, in cui il koji, che comincia a prendere forma, dovrà stare fermo per un totale di 12 ore (le ultime 12 ore della sua proliferazione sul totale delle 48 ore).
Fine del ciclo di produzione e conservazione
La fine delle 48 ore di incubazione segnano il momento più atteso da chi produce koji. Il momento di vedere finalmente il frutto del proprio lavoro e della cura spesa. Non sorprendersi se in questa ultima fase il termometro segna temperature come 40 o 42 gradi. Ora si può aprire il fagotto di tessuto ed osservare. Ciò che ci si deve aspettare di vedere è il riso ricoperto da una candida e leggera peluria bianca.
Se il riso si presenta bianco ma senza peluria superficiale allora sarà il caso di prolungare eccezionalmente l’incubazione per altre 12 ore portandolo ad un totale di 60 totali. In questo caso chiudere il fagotto e rimettere al caldo, coperto bene.
A questo punto si può procedere con la sua conservazione e stoccaggio. Il koji è molto versatile e può essere utilizzato per produrre miso, doburoku, mirin, acidulato di riso, amazake o per fare delle innovative paste amminiche come garum, marinature enzimatiche, shiokoji e molto altro. Se non si ha tempo a disposizione per il suo utilizzo immediato, può essere conservato almeno in due modalità diverse. La prima è l'essiccazione che va fatta a circa 30 gradi (per evitare di denaturare gli enzimi) in modo ventilato per circa 15 ore.
In alternativa si può essiccare in un forno ventilato con gli stessi accorgimenti dell'essiccazione anche con solo ventola accesa. Si può essiccare anche tenendolo semplicemente appoggiato su un tagliere di legno in casa, mescolandolo spesso, ricoperto con un tovagliolo (per evitare il contatto con insetti). In 48 ore si essiccherà completamente.
Un’altro modo per conservarlo è congelarlo. Utilizzando un apposito sacchetto (meglio sottovuoto) puoi chiuderlo e conservarlo in freezer. In base alla temperatura dello stesso potrai conservarlo per poche settimane se a -10 C°. Per due mesi a -18 C°. Per sei mesi a - 25 C°. L'ideale sarebbe congelarlo attraverso l'abbattimento rapido per evitare la denaturazione degli enzimi durante il lento processo di congelamento.
Il miglior modo di conservare il koji tuttavia è l'essiccazione.
Tipi di koji e substrati alternativi
Substrati tradizionali per koji
Koji di Riso Bianco:
Il riso bianco è il principale substrato utilizzato in Giappone per la produzione, utilizzato soprattutto per la produzione di Sakè, Doburoku, i principali Miso e lo Shiokoji.
Koji di Soia e grano:
Il secondo substrato più utilizzato in Giappone è la Soia ed il Grano. Insieme questi due ingredienti ci danno il koji per la produzione di Shoyu, la salsa di soia Giapponese.
Con substrati si soia pura in Giappone producono principalmente Tamari e Hatcho miso.
Koji d'orzo e riso integrale:
Seguono come quantitativi nella produzione, utilizzato soprattutto per la creazione di miso d'orzo e per sporadiche produzioni di Shiokoji d'orzo, il riso integrale, utilizzato soprattutto per il miso di riso integrale per lo shiokoji integrale ed in rare produzioni si utilizzano altri cereali e legumi.
In Giappone il nome Shoyu o miso può essere utilizzato solo in prodotti contenenti soia come ingrediente principale, mentre il miso può essere prodotto con un mix di ingredienti tra soia, riso bianco o integrale, orzo.
| Substrato | Uso principale | % stima della produzione totale di koji |
|---|---|---|
| Riso bianco | Sake, mirin, amazake | 55–60% |
| Soia e grano (misto) | Shoyu (salsa di soia) | 20–25% |
| Soia (pura) | Miso di soia puro (come Hatcho miso) | 5–10% |
| Orzo | Miso d’orzo (mugi miso), shochu | 5–10% |
| Riso integrale | Miso di riso integrale, amazake, sake | 1–3% |
| Altri substrati | Legumi alternativi, mais, patate dolci, ecc. | <1% |
Substrati per koji non tradizionali ma comprovati
Il procedimento descritto in questa guida è quello esatto per fare un koji di riso bianco. Tuttavia, quando camberemo il nostro substrato sostituendo il riso con un altro cereale, dovremo necessariamente riadattare il processo di produzione al nuovo substrato. Per fare questo non bisogna stravolgere completamente il processo ma solamente apportare le dovute modifiche. Qui di seguito lascio alcune indicazioni per i cambiamenti da apportare per i principali substarti:
Koji di riso integrale, riso Venere, riso Nerone:
Buono per la produzione, tuttavia necessita di alcuni trattamenti necessari come la spezzatura. Il riso integrale prima di essere utilizzato deve essere spezzato (attenzione: non sfarinato!) per poter permettere al fungo di avere accesso alla parte amidacea. Procedere poi con l'ammollo del riso e la cottura sempre a vapore. Valutare l'acquisto di riso integrale spezzato. Questo substrato si presta bene con Asperglillus oryzae, Aspergillus soyae o luchuensis in base alle preferenze.
Koji d'orzo:
Ottimo per la produzione necessita di attenzione nella cottura. L'orzo può essere cotto sia a vapore che bollito in base al tempo di ammollo. Tempi di ammollo di poche ore (circa due) richiedono una cottura a vapore di almeno 40 minuti o una bollitura di 15 minuti. Tempi di ammollo di 6/8 ore richiedono una cottura a vopore di circa 15 minuti. Attenzione a non mescolare il koji d'orzo durante le 48 ore di crescita dell'aspergillus oryzae poichè questo blocca la sua crescita. Questo substrato si presta bene con Aspergillus soyae o luchuensis in base alle preferenze, meno con Aspergullus oryzae.
Koji di legumi:
Ottimi per la produzione richiedono tempi di ammollo di circa 8/10 ore e cottura per bollitura (solo le lenticchie vanno cotte a vapore per circa 15 minuti dopo un ammollo di 8 ore). Questo substrato si presta bene con Aspergillus soyae.
Koji di grano:
Buono per la produzione il grano viste le sue numerose varietà richiederebbe una trattazione a se. Per riassumere si può dire che i grani classici sia teneri che duri richiedono di essere spezzati per la corretta proliferazione dell'aspergillus e possono essere cotti sia a vapore (1 ora) che per ebollizione (20 minuti circa in base al tipo di grano). I grani antichi (non tutti) possono essere cotti per ebollizione anche senza essere spezzati (circa 1-2 ore) poichè il fungo cresce bene sulla sua fibra esterna. Questo substrato si presta bene con Aspergillus oryzae, Aspergillus soyae e Luchuensis.
Koji di pane:
Ottimo per la produzione necessita di ammollo per la sua corretta crescita. Un ammollo di un minuto è sufficiente quasi sempre. Lasciare impregnare bene il pane fuori dall'acqua e quando umido ma non bagnato procedere all'inoculo. Questo substrato si presta bene con Aspergillus oryzae e Aspergillus soyae.
Partendo da sx, koji di riso integrale, koji di riso bianco, koji di grano timilia, koji di ceci, koji di soia e grano, koji d'orzo, koji di pane
Usi tradizionali del koji
Essendo un prodotto di origine Giapponese, il koji è parte integrante della cultura alimentare nipponica e nel corso dei secoli è diventato una delle basi dell'alimentazione quotidiana. Oggi il fungo A. oryzae in Giappone è riconosciuto come patrimonio nazionale (Kokkin) avendo un valore importantissimo nella cultura alimentare di questo paese. Molti degli alimenti consumati in Giappone sono prodotti proprio a partire dal koji, vediamo i principali:
Miso
Il miso è uno dei più importanti alimenti giapponesi. In Italia si conoscono e si vendono circa quattro varietà di miso tradizionale Giapponese e sono: l'Aka miso (conosciuto come miso rosso), il miso d'orzo, lo Shiro miso e l'Hatcho miso. Nonostante quattro versioni di miso possano sembrare già tante, in Giappone ne esistono oltre cento versioni tradizionali, (quasi) tutte derivate dalle diverse proporzioni tra i tre ingredienti originari: koji, soia e sale.
Per riassumere possiamo dire che esistono miso fatti principalmente utilizzando koji di riso bianco, anche se negli ultimi anni sono aumentate le produzioni di miso con koji di riso integrale. Poi abbiamo i miso d'orzo, creati a partire da un koji d'orzo sempre a base di soia e sale, specifici di una prefettura. Caso particolare è rappresentato dall'Hatcho miso, un miso prodotto con un koji di soia, quindi senza l'utilizzo di un cereale, dal sapore molto concentrato.
Shoyu (salsa di soia)
L'altro grande ingrediente della cucina giapponese arrivato fin nelle nostre dispense è la salsa di soia o Shoyu (il suo nome giapponese).
Anche di questa salsa in Italia conosciamo due varietà principali, ovvero la salsa di soia e la Tamari, la prima prodotta con soia e grano la seconda con sola soia. Anche di questo condimento in giappone esistono centinaia di versioni differenti con oltre 1200 produttori sparsi su tutto il territorio. Un approfondimento ben fatto su questo tema si può leggere sul Centro Informazione Umami che spiega come distinguere le diverse Shoyu tra loro e come abbinarle ai diversi piatti.
Di base lo Shoyu è prodotto con gli stessi ingredienti del miso più l'acqua, ma sia il procedimento di produzione del koji che lo stesso processo di creazione e di conservazione della salsa, rendono molto diversi i due condimenti, richiedendo un trattamento specifico ed una produzione specifica.
Sakè
Potrebbe sembrare assurdo, ma lo stesso ingrediente di base che serve a creare il Miso e lo Shoyu creano anche un prodotto radicalmente diverso come il Sakè. Si tratta infatti di una bevanda alcolica prodotta a partire proprio da un koji di riso bianco, fatto poi fermentate con specifici lieviti per trasformare gli zuccheri in alcol.
Amasake (o Amazake)
Si tratta di un prodotto molto particolare prodotto al 100% da koji di riso oppure da una mistura di koji di riso più riso cotto. In realtà può essere prodotto con qualsiasi cereale ma i giapponesi su questo non transigono. L'amasake è un prodotto dolce ottenuto dalla saccarificazione dell'amido da parte degli enzimi del koji che danno all'alimento una consistenza tipo "porridge" ed una dolcezza quasi stucchevole.
Shiokoji (sale di koji)
Parliamo sempre di alimenti che fanno parte della tradizione giapponese nei quali non può mancare lo Shio koji, un condimento ancora sconosciuto in Italia, utilizzato da Chef accorti che conoscono bene i vari utilizzi del koji. Si tratta di una salsa dal sapore sapido ed umami che ha molti utilizzi in cucina. A differenza dello shoyu infatti, che può essere utilizzato anche solo per aromatizzare, lo shio-koji può essere usato direttamente in cucina per migliorare gli alimenti sotto il punto di vista del sapore e della consistenza attraverso marinature enzimatiche.
Mirin
Tra i prodotti tradizionali giapponesi creati apartire dal koji trovaiamo anche il Mirin. Si tratta di una salsa a metà strada tra un vino ed un condimento, che può avere diverse sfumature di gusto in base al processo di produzione ed invecchiamento che vanno dall'alcolico, all'acido o al dolce. Di base il mirin è usato nel condimento del riso per la produzione di sushi ma è anche presente in salse come la teriyaki la ponzu ed altre miscele per marinature. Quando particolarmente pregiato ed invecchiato può essere bevuto e degustato anche tal quale.
Usi moderni del koji
Le applicazioni contemporanee del koji sono innumerevoli e per certi versi molto distanti dal suo utilizzo tradizionale. Oggi troviamo applicazioni non solo su substrati inusuali ed alternativi ma anche il suo utilizzo in forme differenti dall'utilizzo del chicco è diventato sempre più frequente. Possiamo infatti utilizzarlo in polvere, in varie miscele e per marinature a secco, possiamo usare l'infusione del koji per l'estrazione dei suoi enzimi in marinature, olio o alcol. Esistono sperimentazioni in impasti di pane e pizze, formaggi, birre e vini, oltre che una vasta appicazione nel mondo della carne e delle proteine vegetali. Le lavorazioni innovative che si stanno sempre più affermando per i loro risultati sicuri sono le seguenti:
1.Koji con latticini o formaggi:
Gli enzimi del koji sono in grado di lavorare molto bene le caseine ed i grassi del latte e per questo viene utilizzato sottoforma di polvere nella lavorazione di latticini come ricotta, mascarpone, stracciatella, stracchini ed altri. Uno dei prodotti più conosciuti e diffusi in questo ambito è il Miso di ricotta, una preparazione creata dagli Chef Jeremy Umansky e Rich Shih, preparazione nella quale il koji in polvere viene mescolato con ricotta e sale e lasciato agire anche per settimane. Questo trasforma la ricotta in uno spalmabile incredibilmente sapido e ricco di sapore, esaltato dal leggero irrancidimento dei grassi.
2.Koji per Garum di pesce o carne:
Un'altra applicazione moderna è per la produzione di Garum. Il garum originariamente è una salsa prodotta a base di pesce, nata nel Mediterraneo e diffusa in tutti i paesi affaciati su di esso, utilizzata da migliaia di anni secondo varie testimonianze archeologiche. La natura del garum risiede negli enzimi contenuti nelle interiora del pesce che, tritate insieme al resto della polpa, agiscono sui tessuti liquefando per lisi ogni composto proteico e grasso. Quello che ne esce è appunto la salsa garum.
Si è scoperto che gli enzimi del koji agiscono nello stesso modo sulle carni sia di pesce che animali e questo ha aperto la strada a produzioni di garum mai esistiti prima come garum di carne, garum di selvaggina, garum di funghi e garum di tutto ciò che avesse delle proteine, non solo, oggi si riesce a produrre garum vegetali anche con certe tipologie di verdure. Nelle mie formazioni personalizzate e nelle consulenze che tengo nei vari ristoranti, queste applicazioni oramai sono la norma, soprattutto quando si vuole creare un condimento unico e definito utilizzando materie prime inesplorate. Contattami se vuoi usufruire di una consulenza nel tuo ristorante, per te o per la tua brigata.
3.Koji per inoculo di verdure (salumi di verdure)
Un'altra frontiera del koji è quella dell'utilizzo delle spore di Aspergillus per l'inoculo di substrati diversi dai cereali e dai legumi come ad esempio le verdure. Si può far crescere il fungo direttamente su verdure per creare un effetto salumificazione. Questo processo oramai molto affermato, si stà diffondendo con vari nomi come "verdure salumificate", "salumi di verdure", "verdure kojificate", "charcuterie vegetale" (anche se con quest'ultimo termine si identificano i salumi vegetali in generale). E' un metodo simpatico e abbastanza semplice (a patto che si conosca già la produzione del koji base) per ottenere delle verdure "ammuffite" utilizzzando una muffa buona ed edibile, ottenendo così consistenze incredibilmente appetitose e facendo acquisire umami naturale alle stesse verdure che notoriamente sono prive di questo sapore.
Esempi di verdure inoculate con aspergillus a sx una carota elaborata e trasformata in salume, a dx un pomodoro coperto di muffa
Letture per imparare tutto sul koji
Premetto che il 2026 sarà l'anno di uscita del mio libro sul koji, un libro che sarà concentrato completamente sulla sua produzione e sul suo immenso utilizzo in cucina. Prima però ci si può divertire leggento due testi che reputo "pietre miliari" ovvero il libro Koji Alchemy degli autori Jeremy Umansky e Rich Shih. Si tratta dio un testo iconico che ogni produttore o appassionato di koji dovrebbe avere nella sua libreria, nessun appasionato di Aspergillus si pentirà di questo acquisto.
L'altro libro fondamentale da possedere per gli appassionati di koji e il libro di René Redzepi e David Zilber The Noma Guide to Fermentation (tradotto in italiano come Noma: la guida alla fermentazione) un testo che non ha bisogno di presentazione e che oltre agli incredibili spunti creativi sugli utilizzi del koji, da anche una panoramica completa su tutto il mondo della fermentazione.
Redatto da Marco Fortunato per I'm in fermentation
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Koji: guida passo passo alla produzione e all'utilizzo in cucina

04/05/2025
Tecniche
- Il Koji e l'aspergillus
- Cos'è il koji?
- A. oryzae e sue varianti
- Funzione enzimatica dell'Aspergillus nel substrato: amilasi, proteasi, lipasi
- Criteri di selezione degli starter
- Come si produce il Koji di riso?
- La gestione del koji durante l'incubazione
- Fine del ciclo di produzione e conservazione
- Tipi di koji e substrati alternativi
- Usi tradizionali del koji
- Usi moderni del koji
- Letture per imparare tutto sul koji
Il Koji e l'aspergillus
Il Koji è un sottoprodotto della lavorazione del riso inoculato con il fungo aspergillus oryzae, un fungo filamentoso microscopico. Crescendo sul riso, l'aspergillus trasforma il cereale in un prodotto versatile e di largo utilizzo in cucina, utile nella preparazione di alimenti come Miso, Shoyu, Tamari, Mirin, Amasake, Aceto di riso, Acidulato di riso, Sakè, Doburoku. Tutti questi prodotti hanno in comune la stessa cosa, il koji e l'aspergillus oryzae.
Perché il Koji è un ingrediente chiave nella cucina fermentata asiatica e moderna?
Come fa un unico ingrediente come a creare molti alimenti, alcuni dei quali radicalmente diversi tra di loro? Dalla preparazione di paste sapide, a quella di salse, dalla preparazione di bevande alcoliche a quelle acetiche fino alla preparazione di bevande zuccherine come amazake e latte di riso. Cosa rende il koji così versatile?
Il segreto risiede nei suoi enzimi. Quando il fungo cresce su un substrato come il riso, crea una serie di enzimi utili alla elaborazione delle diverse molecole che sono contenute nel cereale. Gli enzimi sono delle proteine che hanno la capacità di elaborare in maniera molto veloce ed efficente diverse molecole come grassi, proteine, amidi, cellulosa ed altre ancora.
L' A. oryzae, crescendo sul cereale (ma può anche crescere su altri substrati come altri cereali o legumi come spiegherò più avanti) produce questi enzimi con lo scopo di elaborare meglio le molecole del substrato al fine di ottimizzare il proprio nutrimento. Questi enzimi sono i responsabili dei principali cambiamenti delle molecole all'interno dei nostri piatti.
A. oryzae un fungo dalle mille risorse
| Dominio | Eukaryota |
|---|---|
| Regno | Fungi |
| Phylum | Ascomycota |
| Subphylum | Pezizomycotina |
| Classe | Eurotiomycetes |
| Ordine | Eurotiales |
| Famiglia | Trichocomaceae |
| Genere | Aspergillus |
| Sezione | Aspergillus (ex Flavi) |
| Specie | Aspergillus oryzae |
| Binomio | Aspergillus oryzae (Ahlb. ex F.H. Wint.) |
| Nome comune | Koji mold (muffa del koji) |
L'aspergillus oryzae appartiene al genere Aspergillus, un genere che contiene dalle 340 alle 350 specie (fonte: Mycobank, Index Fungorum, dati aggiornati al 2024). Tra tutte queste specie solo 30/40 hanno interesse industriale e clinico rilevante, il resto delle specie non suscita interesse specifico mentre molte sono considerate tossiche patogene (A. flavus, A. fumigatus ecc...) poichè possono causare l'aspergillosi, una patologia dalle gravi complicazioni respiratorie.
Come fungo utilizzato negli alimenti, viene citato per la prima volta nel "Libro dei Riti" della dinastia Zhou in Giappone nel 300 a.C. Già da quei tempi veniva usato per diversi prodotti all'interno della cultura giapponese. Solo verso la fine dell'800 però il fungo è stato osservato al microscopio e categorizzato.
Cos'è il koji?
L'unione tra Aspergillus oryzae e riso (o altro cereale) crea quindi il koji, un prodotto ormai simbolo della cultura e dell'alimentazione giapponese, capace di creare una varietà impressionante di alimenti grazie agli enzimi che il fungo crea. Nei prossimi paragrafi vedremo come avviene questa trasformazione passo passo, frutto di un lungo ed elaborato processo di incubazione.
Può esser prodotto in casa in modo discretamente semplice seguendo nemerosi e rigorosi passaggi. In alternativa può essere acquistato già pronto. Questa seconda opzione è più comoda per tutti coloro che non vogliono o non possono cimentarsi nella sua produzione, dal momento che pur essendo un processo relativamente semplice richiede cura e tanto tempo a disposizione. L'opzione dell'acquisto garantisce un prodotto sicuro, stabile e facile da conservare poichè quelli che si trovano in comercio sono essiccati.
Differenza tra Kome koji e Tane koji
Quando vogliamo acquistare il koji dobbiamo porre attenzione alle varie tipologie in commercio. Difatti ne esistono diverse varietà ed alcuni prodotti come "riso koji" e "spore di koji" possono essere confusi tra loro. Mi capita spesso infatti di ricevere messaggi da persone che acquistano uno al posto dell'altro. Prima di vedere qual'è la differenza tra il koji di riso e le spore del koji vediamo quanti tipi di koji ci sono in commercio e come si presentano in modo da poterlo riconoscere facilmente.
Il koji di riso è composto sempre da chicchi di cereale di colore bianco candido se fatto di riso raffinato o marroncino con sfumature verdi se fatto con riso integrale. Koji bianco e koji integrale sono le due varietà che si possono trovare in commercio in Italia in questo momento (2025).
Come prodotto il koji sembra a tutti gli effetti un riso come quelli che si acquistano in tutti i negozi, fatto di chicchi interi separati tra di loro. In alcuni casi si possono notare chicchi attaccati tra loro dalla muffa dell'aspergillus. Questo prodotto reperibile in commercio anche con altri nomi non in italiano che è bene conoscere e sono: Kome koji, Koji malt Dry, Riso maltato di koji.
Come detto può essere prodotto dal riso ma anche da altri cereali. Il koji d'orzo è l'altra variabile tradizionale prodotta in Giappone. In Italia si trova raramente e si può acquistare solo on line presso siti specializzati. Sia per conoscere su quali siti affidabili acquistarlo o anche per imparare a produrlo con qualunque substrato puoi iscriverti alla mia Koji On Line Masterclass, un corso completo in tre giornate che ti insegnerà tutto sul koji e sul suo utilizzo in cucina con lezioni pratiche e dimostrative.
Le spore di Aspergillus
Un prodotto completamente diverso dal koji è il Tane koji. Si tratta dell'altra varietà di koji che possiamo trovare in commercio con questa denominazione ma che ha un utilizzo differente. Se il Kome koji viene utilizzato come prodotto già pronto per l'utilizzo nei diversi preparati come Miso, Amazake ecc, il Tane koji è la polvere starter che serve a produrlo, in pratica si tratta delle spore del fungo Aspergillus oryzae che inoculate sul riso opportunamente trattato vi permetterà di avere il koji.
"In pratica per fare il koji vi serve il Tane koji, per fare invece il miso, l'amazake, il sakè e tutti gli altri prodotti derivati vi serve il Kome koji."
Il Tane koji si presenta quindi come una polvere e di solito va utilizzato in piccolissime quantità sui vari substrati come i cereali o i legumi.
A. oryzae e sue varianti
Se esistono diverse varianti di koji, esistono ancora più varianti di spore di aspergillus. Sono circa trenta ad oggi le varietà di aspergillus che vengono utilizzate. Tutte queste varianti possono essere raggruppate in tre specie principali: le spore di Aspergillus oryzae, le spore di Aspergillus soyae e le spore di Aspergillus luchuensis. Se Aspergillus è il genere di questo fungo, oryzae, soyae e luchuensis sono le specie.
Ognuna di queste specie possiede diversi ceppi che rendono ogni tipologia adatta a specifici substrati, e quindi possiamo trovare ceppi specifici di Aspergillus oryzae più adatte al riso o più adatte all'orzo, di colorazione bianca, verde o gialla o più adatte a tipologie di prodotti che si vuole creare (Miso, Amazake, Sakè ecc...). Lo stesso possiamo dire del soyae e del luchuensis, del quale ad esempio troviamo varianti marroni, bianche o nere (quest'ultima variante viene anche chiamata Awamori dal nome di un distillato che si produce in Giappone proprio dall'utilizzo di questio ceppo). Se vuoi capire quale ceppo utilizzare sui diversi tipi di substrati guarda la tabella in basso.
Tutte queste varianti che possiamo utilizzare in coltura sono sicure dal punto di vista della nostra salute anche se non bisogna esagerare con l'inalazione di spore di questo fungo. Si tratta sempre di piccoli corpi estranei (le spore) che entrano nei nostri polmoni e che in alcuni casi possono verificare sporadiche allergie al fungo anche se molto rare e del tutto innocue e gestibili anche perchè queste tipologie di Aspergillus sono considerate come G.R.A.S. – Generally Recognized As Safe – ovvero scientificamente sicure dal punto di vista della salute umana. Questo non è però valido per tutti i tipi appartenenti a questo genere.
La storia dell'Aspergillus e l'evoluzione degli starter nella storia
Tra l'VIII e il X secolo, la produzione del Koji richiedeva l'inoculazione di una grande quantità di starter, pari al 10% del peso del Koji (equivalente a 10-100 volte la quantità attualmente utilizzata), a causa della scarsa qualità degli starter disponibili all'epoca. A quel tempo, non si conosceva l'esatta composizione dello starter e ci si affidava alla magia della fermentazione naturale. Nel corso dei secoli, il lavoro dei tecnici ha permesso di isolare, selezionare e migliorare significativamente gli starter, riducendo drasticamente la quantità necessaria e ottimizzando il processo di fermentazione.
La tecnologia delle ceneri di legno per la produzione di spore (Moyashi).
Il Moyashi si riferisce alle conidiospore di Aspergillus oryzae essenziali come starter. La tecnologia per la produzione del koji (il substrato fermentato) fu introdotta in Giappone durante il Periodo Yayoi (X secolo a.C. - III secolo d.C.), e gli inoculi di funghi filamentosi per la fermentazione erano disponibili commercialmente già tra il XIII e il XV secolo (periodi Heian e Muromachi). I fornitori di conidiospore di A. oryzae per le fabbriche di sakè erano indicati da insegne con i tre caratteri giapponesi "moyashi".
La produzione industriale e la distribuzione di queste spore viventi e non contaminate rappresentava una sfida significativa in un'epoca priva di tecnologie di sterilizzazione o condizionamento dell'aria. La soluzione risiedeva nell'antica tecnica dell'uso delle ceneri di legno. Tradizionalmente, le conidiospore venivano prodotte utilizzando foglie di legno duro bruciate fino a ottenere ceneri bianche in condizioni di scarsa aerazione. Le spore venivano poi confezionate in sacchetti di carta e stratificate con le ceneri all'interno di scatole per la conservazione. Si scoprì anche che l'aggiunta di queste ceneri di foglie direttamente al riso cotto a vapore permetteva una produzione affidabile di conidiospore.
L'efficacia di questa pratica era dovuta a diversi fattori:
• Il pH alcalino generato dalle ceneri aiutava a prevenire la contaminazione da parte di altri microrganismi
• I minerali presenti nelle ceneri, come fosfato di potassio, rame, zinco, manganese e alluminio, non solo promuovevano la crescita del fungo koji, ma ne aumentavano anche la formazione e la durata delle spore
• L'effetto fisico delle ceneri contribuiva a separare i chicchi di riso, evitando che si attaccassero durante il processo
Questa tecnologia fu un'innovazione epocale, rendendo possibile la produzione stabile e la distribuzione dello starter koji in un periodo in cui le tecniche di sterilizzazione erano sconosciute. Sebbene i metodi odierni impieghino sistemi di coltivazione in ambiente controllato per ragioni igieniche, l'ingegno dei predecessori giapponesi nel selezionare ceppi sicuri e sviluppare queste tecniche rimane un esempio di saggezza tradizionale.
Isolamento delle spore pure
Solo nel 1876, H. Ahlburg isolò la muffa koji dal riso giapponese, inizialmente chiamata Eurotium oryzae per la sua incapacità di riproduzione sessuale. Nel 1884, fu rinominata Aspergillus flavus-oryzae. Un punto di svolta significativo nella scoperta e classificazione della muffa Koji avvenne nel 1960, quando oltre 100.000 tacchini morirono nel Regno Unito a causa di mangime contaminato da aflatossine prodotte da Aspergillus flavus. Le aflatossine, metaboliti cancerogeni, sollevarono preoccupazioni poiché Aspergillus oryzae era classificato nello stesso gruppo di Aspergillus flavus. Questo evento scosse profondamente il mondo dei produttori di sakè giapponesi, che temevano conseguenze devastanti per le loro attività a causa dell'associazione con Aspergillus flavus e le sue aflatossine.
Tuttavia, dopo rigorose ispezioni, fu confermato che le muffe Koji utilizzate per la fermentazione del sakè non producevano aflatossine.
Da questi fatti emerge che A. oryzae è geneticamente molto simile a A. flavus, essenzialmente identico, ma si distingue per la sua peculiarità di non produrre composti tossici. Questo suggerisce che, nel corso della lunga storia della produzione del Koji in Giappone, gli antenati abbiano selezionato un particolare mutante di Aspergillus flavus incapace di produrre aflatossine, garantendo così la sicurezza e l'affidabilità della muffa Koji utilizzata nei processi fermentativi. Questo fu probabilmente il primo processo di selezione e miglioramento della muffa Aspergillus nella storia della produzione alimentare giapponese.
L'aspergillosi e il fungo Aspergillus
Quando alcune specie di funghi del genere Aspergillus vengono respirati si verifica una invasione dei tessuti polmonari, dei vasi sanguigni e dei tessuti nervosi che viene chiamata aspergillosi. E' una patologia mediamente pericolosa caratterizzata da una elevata mortalità ed è causata da alcuni ceppi specifici di aspergillus come A. fumigatus (per inalazione) A. Flavus (per ingestione, produce aflatossine). Tuttavia queste complicazioni sono tipiche di persone immunodepresse dal momento che la maggior parte delle vote che respiriamo spore di Aspergillus, queste non producono nessun effetto collaterale in persone perfettamente sane.
Funzione enzimatica dell'Aspergillus nel substrato: amilasi, proteasi, lipasi
Quando facciamo crescere il fungo sul riso (o altro cereale) lo incentiviamo alla produzione di particolari molecole chiamate enzimi. Gli enzimi sono una categoria di proteine in grado di catalizzare ed accelerare alcune reazioni chimiche senza consumarsi nella reazione. Ogni reazione chimica in natura ha i suoi enzimi ed in particolare l'Aspergillus produce i seguenti enzimi:
- Amilasi (AA) e Glucoamilasi (GA): sono i principali enzimi amilolitici. Questi enzimi sono responsabili della scomposizione dell'amido in zuccheri semplici, fondamentali per creare dolcezza e fornire il nutrimento necessario per le successive fermentazioni lattiche o alcoliche. Questa attività è particolarmente elevata in A. oryzae.
- Proteasi Acide (ACP), Proteasi Neutre, Proteasi Alcaline: Questi enzimi scindono le proteine in peptidi e differiscono per il pH ottimale in cui operano. Le proteasi acide lavorano a un pH di circa 3, le proteasi neutre a un pH intorno a 6, e le proteasi alcaline in un range tra 9 e 12.
- L-Glutaminasi: Contribuisce ad aumentare la concentrazione di acido glutammico, migliorando così il gusto umami del prodotto. Questa attività è particolarmente elevata nei ceppi di A. sojae.
- Aminopeptidasi e Carbossipeptidasi: Questi enzimi catalizzano la scissione degli amminoacidi dalle proteine, producendo amminoacidi liberi che conferiscono sapori dolci e umami, contribuendo anche alla riduzione dell'amaro.
- Tirosinasi: Questo enzima è responsabile del cambiamento di colore in alcuni prodotti fermentati. Questa attività è particolarmente elevata in A. soyae ed in alcuni ceppi di A. oryzae. Alcuni preparati richiedono ceppi che non producano elevati livelli di tirosinasi (come amasake e sakè) poiché questa converte la tirosina in composti scuri, compromettendo l'aspetto chiaro e desiderabile del prodotto. Nello shio koji, invece, l'attività dell'enzima è inibita dal sale, quindi non rappresenta un problema. Mentre è attiva in shoyu e tamari.
- Xilanasi, Cellulasi e Pectinasi: Questi enzimi degradano la parete cellulare della soia, permettendo una maggiore efficienza di degradazione da parte di amilasi e proteasi, contribuendo all'aumentata percezione del gusto umami nella salsa di soia.
Oltre alla produzione di enzimi alcuni ceppi specifici di Aspergillus producono anche altre molecole moto importanti come:
- Acido Citrico: importante in alcune produzioni ed è specifica dei ceppi di A. luchuensis anche se tutti i ceppi ne producono in piccole quantità soprattutto A. oryzae. Quest'attività è responsabile dell'acidità delll'amazake quando viene conservato a lungo.
- Deferriferrichrysin: questa molecola contribuisce alla formazione di composti bruni indesiderati. Attività specifica di molti Aspergillus soprattutto di A. oryzae e soyae
Principali molecole prodotte da ogni tipologia di koji
| Enzima / Molecola | A. oryzae | A. sojae | A. luchuensis |
|---|---|---|---|
| α-Amilasi (AA) | Alta attività; ideale per mirin, amazake, sakè; rischio di saccarificazione eccessiva in salsa di soia. | Bassa attività; adatta per salsa di soia per evitare eccessiva dolcezza. | Alta attività; essenziale nella produzione di shōchū per convertire l'amido in zuccheri fermentabili. |
| Glucoamilasi (GA) | Elevata produzione; contribuisce alla dolcezza in amazake e mirin. | Moderata attività; sufficiente per la fermentazione della salsa di soia. | Alta attività; fondamentale per la saccarificazione durante la produzione di shōchū. |
| Proteasi Acide (ACP) | Presente; utile in ambienti a pH basso come il miso. | Alta attività; favorisce la produzione di aminoacidi liberi nella salsa di soia. | Presente; contribuisce alla degradazione delle proteine durante la fermentazione del shōchū. |
| Proteasi Neutre | Alta attività; efficace nella degradazione delle proteine in ambienti a pH neutro. | Alta attività; essenziale per la produzione di aminoacidi nella salsa di soia. | Presente; supporta la degradazione delle proteine durante la fermentazione del shōchū. |
| Proteasi Alcaline | Presente; utile in ambienti a pH elevato. | Presente; contribuisce alla scomposizione delle proteine in ambienti alcalini. | Presente; supporta la degradazione delle proteine durante la fermentazione del shōchū. |
| L-Glutaminasi | Presente; contribuisce all'umami. | Alta attività; aumenta significativamente l'acido glutammico, migliorando l'umami nella salsa di soia. | Presente; contribuisce all'umami nel shōchū. |
| Aminopeptidasi / Carbossipeptidasi | Alta attività; produce amminoacidi liberi, migliorando sapori dolci e umami. | Alta attività; essenziale per la produzione di aminoacidi nella salsa di soia. | Presente; contribuisce alla produzione di amminoacidi nel shōchū. |
| Tirosinasi | Presente; può causare scurimento indesiderato in prodotti chiari come mirin e amazake. | Presente; può influenzare il colore della salsa di soia. | Presente; può influenzare il colore del shōchū. |
| Xilanasi / Cellulasi / Pectinasi | Alta attività; degrada pareti cellulari, migliorando l'accesso agli amidi e proteine. | Alta attività; facilita la degradazione dei componenti della parete cellulare nella salsa di soia. | Alta attività; supporta la scomposizione dei componenti cellulari durante la fermentazione del shōchū. |
| Produzione di Acido Citrico | Moderata; contribuisce alla conservabilità del prodotto. | Bassa; meno rilevante nella salsa di soia. | Alta; importante per la conservazione e il sapore del shōchū. |
| Deferriferrichrysin (composti bruni) | Possibile produzione; indesiderata in prodotti chiari come il sakè. | Bassa produzione; preferibile per mantenere la chiarezza nella salsa di soia. | Possibile produzione; può influenzare il colore del shōchū. |
Criteri di selezione degli starter
La selezione dei migliori starter per il Koji è un passo importante per ottenere un prodotto di alta qualità. Tuttavia, esistono molti alcuni criteri di selezione da considerare, che vengono descritti nelle schede tecniche di ciascun starter come:
-
Lunghezza delle Ife:
Le ife sono le radici dei funghi. I ceppi di muffa koji con una crescita intensa, caratterizzata da ife intrecciate e gambo lungo e compatto, presentano un aspetto visivamente attraente con un colore bianco brillante, ma producono una quantità limitata di spore, con una resa di circa il 3% del materiale totale. D'altra parte, i ceppi con un gambo corto possono superare il 10% del materiale totale in spore dopo l'essiccazione. Nel processo di produzione del miso, il micelio gioca un ruolo cruciale, influenzando direttamente la consistenza finale del prodotto.
I ceppi con ife lunghe creano spazi che contengono ossigeno, favorendo i lieviti. Le ife lunghe possono anche produrre e rilasciare una maggiore quantità di enzimi durante la fermentazione, poiché possono penetrare più profondamente nel substrato di riso, facilitando una fermentazione uniforme e completa. Inoltre, le ife lunghe di Aspergillus oryzae hanno una maggiore capacità di trattenere acqua rispetto alle ife corte, influenzando la consistenza del Koji: rendono il prodotto più umido e morbido, ma anche più compatto e meno incline alla formazione di grumi.
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Calore Metabolico Prodotto:
Il calore metabolico prodotto può influenzare il processo di produzione di un particolare fermentato, poiché modifica la temperatura circostante e può influire sulla crescita del fungo e sul risultato finale.
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Potere di Glicazione Enzimatica:
Durante la fermentazione, l'attività amilasica e proteasica produce zuccheri semplici e amminoacidi che, attraverso la reazione di Maillard, portano alla formazione di composti scuri. Un elevato potere di glicazione enzimatica indica una maggiore produzione di questi composti bruni, che possono scurire il fermentato.
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Velocità di Crescita:
I ceppi utilizzati per la salsa di soia mostrano una crescita più lenta rispetto ai ceppi per il riso, e A. luchuensis ha una crescita ancora più lenta.
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Capacità di Produzione Enzimatica:
Vedi scheda sopra.
Come si produce il Koji di riso?
Attrezzatura
Per il fare il koji vi servirà avere in casa la seguente attrezzatura:
• 1 kg di riso (vedremo tra poco quale)
• Un colino di rete capiente ed un colino a rete piccolo (facoltativo)
• una ciotola
• lo starter aspergillus oryzae, che avete acquistato
• un bilancino di precisione capace di misurare i grammi
• una vaporiera
• teli bianchi di cotone
• una coperta termica, essiccatore o forno
• un termometro igrometro sonda a filo
• una teglia d’acciaio o di legno
• una spatola.
Se hai in casa tutta questa attrezzatura puoi procedere con la produzione.
1. La scelta del riso giusto
Esistono diversi tipi di riso. In linea di principio sono tutti o quasi, adatti per la produzione, anche se alcuni hanno caratteristiche che li rendono più adatti di altri. Le caratteristiche che rendono un riso più adatto rispetto ad altri sono due: la grandezza del chicco ed il fatto che sia bianco. Non integrale.
Un chicco grande aiuta a la maneggiabilità, permette di poterlo osservare e di comprendere meglio come procede la proliferazione. Il riso bianco è fondamentale per permettere al fungo A. oryzae, di poter proliferare bene su ogni chicco, senza che la crusca ne impedisca il processo di attecchimento. Tuttavia, un riso integrale può essere utilizzato adattando il processo di produzione che descriveremo in questa guida. Puoi utilizzare anche altri cereali per fare come ad esempio orzo, farro o miglio. Ognuno di questi cereali richiede un ammollo ed un tempo di cottura differente che andrà sperimentato di volta in volta
Il processo di produzione che osserveremo in questo corso, sarà dunque riferito all’utilizzo di un riso Arborio bianco, che puoi procurarti facilmente in un qualsiasi negozio. Va anche bene per il riso Carnaroli, Roma, Ribe, Rosa Marchetti, S. Andrea, Baldo. Queste tipologie di riso possono tutte essere trattate allo stesso modo. Risi più piccoli potrebbero richiedere un tempo di cottura più basso. Ma sono comunque utilizzabili.
Ora che hai il riso possiamo passare alla fase dell’ammollo. Il tempo richiesto per l’ammollo del riso è compreso tra le 6 e le 12 ore. Utilizzeremo della comune acqua di rubinetto fredda. Per contenere il riso invece useremo una ciotola di un diametro adeguato. Si possono utilizzare ciotole di legno, d’acciaio, di plastica o anche una pentola.
In ultimo, ti consiglio di eseguire questa procedura possibilmente di sera, dal momento che gli orari del rimescolo del riso che dobrai fare nelle successive 48 ore potrebbero ricadere nelle ore notture e risultare quindi impossibili da effettuare.
2. Lavaggio ed ammollo del riso
Prima dell’ammollo del riso c’è una fase importantissima, che sarebbe il lavaggio del riso. E’ una delle fasi più importanti di questo processo, dove nulla è lasciato al caso. Molto spesso il riso è ricoperto da una grande quantità di amido libero. Attraverso il lavaggio bisogna fare in modo di eliminare questo amido.
Bisogna quindi procedere a fare dei lavaggi del riso, in questo modo:
1. aggiungi acqua nella ciotola dove hai messo il riso, fino a coprirlo. L’amido libero si solleva nell’acqua rendendola torbida.
2. Ora, devi ripetere questo lavaggio tante volte eliminando sempre l'acqua bianca ricca di amido fin quando l’acqua risulta accettabilmente trasparente. Ci vorranno circa 6/7 lavaggi.
3. Una volta che l’acqua è ragionevolmente pulita, significa che la maggior parte dell’amido libero è stato eliminato A questo punto il riso è pronto per passare la sua nottata immerso nell’acqua.
4. Ora, non resta che aspettare he le ore passino, fin quando il riso sarà pronto per la cottura.
3. Cottura del riso
La fase successiva all'ammollo del riso è quella del filtraggio e della cottura. Prima di tutto eliminiamo l’acqua d’ammollo. Per fare questo possiamo servirci del colino a rete. Bisogna mantenere il riso nel colino per circa un’ora, cercando di eliminare tutta l’acqua in eccesso.
L’unica cottura possibile per fare il koji di riso è quella a vapore. Ogni altra cottura renderebbe i chicchi estremamente umidi e flaccidi, non adatti per la coltivazione del fungo aspergillus oryzae. Abbiamo bisogno di raggiungere il risultato di avere dei chicchi cotti e allo stesso tempo sgranati, con un preciso quantitativo d’acqua che solo la cottura a vapore può dare. E’ quindi importante possedere una vaporiera o un forno a vapore.
Nel mio caso utilizzo una vaporiera a gas, una classica pentola facilmente reperibile in commercio. Sarebbe ideale foderare la vaporiera con un telo di cotone sottile per evitare che i chicchi attraverso i fori cadano sotto nell'acqua.
Quando l’acqua bolle puoi mettere il cestello e chiudere con il coperchio ed aviare la cottura. Un ciclo di cottura dura mediamente dai 40 ai 50 minuti, massimo 1 ora. Durante la cottura del riso è buona norma di tanto in tanto guardare come procede. Eventualmente puoi mescolare il riso. Questo aiuterà ad ottenere una cottura più omogenea. Di solito una cottura a vapore di 1 ora è sufficiente a permettere una buona crescita.
Quando il riso è ad una temperatura inferiore ai 40 gradi si può procedere con l’inoculo. E’ il momento di prendere la nostra bustina di starter e con un cucchiaino pulito ed asciutto pesare la quantità di starter necessario che per 1 kg di riso. Quantità maggiori di starter daranno un risultato maggiormente riuscito, mentre quantità minori potrebbero pregiudicare la buona riuscita del processo di proliferazione.
Una volta pesato lo starter procediamo a preparare il riso stendendolo bene nella teglia. Possiamo inoculare il riso servendoci di un piccolo colino a rete o in mancanza, con meno precisione, di un cucchiaino Bisogna spolverare una parte delle nostre spore sui chicchi e successivamente mescolarli per fare in modo che ogni chicco riceva una sua buona porzione di spore. Quando tutto lo starter sarà incorporato al riso procediamo con la messa in dimora del riso per la fase dell'incubazione.
4. Incubazione del koji
Una volta che il riso è stato inoculato bisogna provvedere a creare un ambiente che abbia le caratteristiche fondamentali per la proliferazione del fungo. Queste caratteristiche dovranno essere:
- temperatura di massimo 35 gradi
- umidità costante tra il 70 ed il 90%
- assenza di correnti d'aria
- ossigenazione costante
Ci sono diversi modi per ottenere queste condizioni. Per chi possiede un incubatore o un abbattitore casalingo, mantenere questi parametri sarà semplice. In mancanza di questi elettrodomestici ci sono accorgimenti un po più casalinghi ma non meno efficaci, come:
Coperta termica. Il riso inoculato sarà chiuso nel suo fagotto di telo di cotone (serve a drenare acqua in accesso). Il riso potrà sembrare asciutto, ma non bisogna ingannarsi, se cotto a vapore per un'ora conterrà molta più acqua i quella che si immagina. Inserire nel riso la sonda a filo termoimetro-igrometro, servirà a tenere controllato l’interno del fagotto. Chiudere il fagotto in un sacchetto di plastica o (se presente) chiudere il coperchio del contenitore, ed avvolgere nella coperta termica. Il fagotto di riso dovrà restare in questa posizione per 24 ore, sempre fermo. Non necessita di apertura.
Essiccatore. Se non si possiede una coperta termica si puo usare in alternativa un essiccatore. Seguire la procedura che spiegata in precedenza avvolgendo il riso nel telo di cotone e nel sacchetto di plastica. Non dimenticare la sonda. A questo punto ti basterà inserire il fagotto all’interno dell’essiccatore ed impostare la temperatura di 30 gradi. Anche in questo caso bisogna mantenerlo in questa posizione per 24 ore.
Forno di casa. L’alternativa da usare rispetto questi metodi è quella del forno elettrico. Seguire la procedura descritta per avvolgere il fagotto, inserendo la sonda. A questo punto il fagotto dovrà essere inserito nel forno. Alcuni forni più attrezzati hanno la regolazione della temperatura digitale cosa che semplifica tutto. Basterà regolare la manopola sui 30 gradi e chiudere il forno. In ogni caso bisognerà utilizzare la sonda per testare la regolazione del forno poichè molti forni non sono affidabili nella regolazione delle temperature più basse.
Polibox con tappetino riscaldante. L'ultimo metodo per fare il koji senza spendere troppo in incubartori è quello di crearsene uno utilizzando un polibox in polistirolo ed un tappetino riscaldante per rettili. Questo sistema ha diversi vantaggi: costa poco acquistare questi oggetti; il consumo elettrico è bassissimo; il sistema è collaudato da anni e funziona benissimo; è faciole da pulire; si può riutilizzare anche per altre preparazioni come pasta madre, Tempeh, Natto o Amazake.
Il sistema è molto semplice, devi semplicemente inserire il tappetino nel polibox e posare sopra la tua teglia di riso in incubazione. Meglio usare una griglia per evitare il contatto diretto della teglia con il tappetino (in alcuni casi potrebbe riscaldare troppo). Il calore si diffonderà nel polibox in maniera dolce e omogenea. Di solito non sono necessari controller di umidità al di fuori della sonda a filo e non è necessario introdurre umidità poichè il riso ne contiene già tanta.
La gestione del koji durante l'incubazione
Nelle prime 24 ore di incubazione non bisogna fare molto. Dal momento in cui si chiude il riso, questo inizierà a trasformarsi. Si lascia passare semplicemente questo tempo e dopo 24 ore si arriverà alla fase più delicata, la fase del rimescolo.
Le successive 24 ore infatti prevederanno una serie di attività da parte nostra che saranno cruciali per la buona riuscita del nostro prodotto. Finite le prime 24 ore infatti, se tutto è andato bene le spore avranno messo ife sui chicchi e si sarà già creato un discreto reticolato su di essi. Se l’attività è particolarmente spinta si vedrà già una leggera patina bianca, se l’attività è meno evidente se ne vedrà meno. In ogni caso si sarà sorpresi dall’odore che il riso avrà.
Questa fase è molto importante perché da questa momento in poi il fungo inizia a svilupparsi a grande ritmo. Per questo motivo avrà bisogno di un ricambio d’ossigeno più alto e di un controllo dei parametri più rigido. In questa fase l’attività metabolica del fungo avvierà essa stessa un principio di surriscaldamento del riso. Porterà anche una produzione maggiore di vapore acqueo.Per evitare quindi che la temperatura si alzi troppo e che l’umidità si addensi in eccesso, bisogna mescolarlo più spesso. Da questo momento in poi e per le successive 12 ore il koji andrà mescolato ogni 4 ore. In totale quindi ci saranno quattro mescolamenti che inizieranno da questo momento.
Fatto questo possiamo osservare l’umidità dei panni che l’avvolgevano e del sacchetto. In un normale processo, l’interno del sacchetto è pieno di goccioline d’acqua ed i panni sono umidi. A questo punto avvolgere il fagotto evitando di chiuderlo nel sacchetto. Mettere il telo all’interno di una pirofila ed avvolgere il tutto in un’altra coperta, meglio se di lana.
Possiamo anche evitare di tenerlo nella coperta termica, nel forno o nell’essiccatore accesi poiché nel suo corretto processo la temperatura sarà mantenuta dal metabolismo stesso del fungo. Avvolgere il più possibile e non dimenticare di mettere la sonda a contatto con il riso. In questo momento sarà l’indicatore di ogni cosa che accade li dentro.
In questa fase anche i valori di riferimento cambiano. Tutte le volte che la temperatura sale oltre i 35 gradi sarà richiesto un rimescolo aggiuntivo. Anche l’umidità sarà da tenere controllata evitando che salga oltre il 95% ed anche in questo caso, quando accade, bisogna mescolare per far disperdere l’umidità in eccesso. Parimenti bisogna osservare che la temperatura non scenda sotto i 25 gradi. Se questo dovesse verificarsi bisognare nuovamente inserirlo nella coperta termica, nel forno o nell’essiccatore per aiutarlo a mantenere la temperatura tra i 25 e i 35 gradi.
Man mano che si procederà con i rimescoli, il riso diventarà sempre più bianco. Si arriverà quindi all’ultima fase, in cui il koji, che comincia a prendere forma, dovrà stare fermo per un totale di 12 ore (le ultime 12 ore della sua proliferazione sul totale delle 48 ore).
Fine del ciclo di produzione e conservazione
La fine delle 48 ore di incubazione segnano il momento più atteso da chi produce koji. Il momento di vedere finalmente il frutto del proprio lavoro e della cura spesa. Non sorprendersi se in questa ultima fase il termometro segna temperature come 40 o 42 gradi. Ora si può aprire il fagotto di tessuto ed osservare. Ciò che ci si deve aspettare di vedere è il riso ricoperto da una candida e leggera peluria bianca.
Se il riso si presenta bianco ma senza peluria superficiale allora sarà il caso di prolungare eccezionalmente l’incubazione per altre 12 ore portandolo ad un totale di 60 totali. In questo caso chiudere il fagotto e rimettere al caldo, coperto bene.
A questo punto si può procedere con la sua conservazione e stoccaggio. Il koji è molto versatile e può essere utilizzato per produrre miso, doburoku, mirin, acidulato di riso, amazake o per fare delle innovative paste amminiche come garum, marinature enzimatiche, shiokoji e molto altro. Se non si ha tempo a disposizione per il suo utilizzo immediato, può essere conservato almeno in due modalità diverse. La prima è l'essiccazione che va fatta a circa 30 gradi (per evitare di denaturare gli enzimi) in modo ventilato per circa 15 ore.
In alternativa si può essiccare in un forno ventilato con gli stessi accorgimenti dell'essiccazione anche con solo ventola accesa. Si può essiccare anche tenendolo semplicemente appoggiato su un tagliere di legno in casa, mescolandolo spesso, ricoperto con un tovagliolo (per evitare il contatto con insetti). In 48 ore si essiccherà completamente.
Un’altro modo per conservarlo è congelarlo. Utilizzando un apposito sacchetto (meglio sottovuoto) puoi chiuderlo e conservarlo in freezer. In base alla temperatura dello stesso potrai conservarlo per poche settimane se a -10 C°. Per due mesi a -18 C°. Per sei mesi a - 25 C°. L'ideale sarebbe congelarlo attraverso l'abbattimento rapido per evitare la denaturazione degli enzimi durante il lento processo di congelamento.
Il miglior modo di conservare il koji tuttavia è l'essiccazione.
Tipi di koji e substrati alternativi
Substrati tradizionali per koji
Koji di Riso Bianco:
Il riso bianco è il principale substrato utilizzato in Giappone per la produzione, utilizzato soprattutto per la produzione di Sakè, Doburoku, i principali Miso e lo Shiokoji.
Koji di Soia e grano:
Il secondo substrato più utilizzato in Giappone è la Soia ed il Grano. Insieme questi due ingredienti ci danno il koji per la produzione di Shoyu, la salsa di soia Giapponese.
Con substrati si soia pura in Giappone producono principalmente Tamari e Hatcho miso.
Koji d'orzo e riso integrale:
Seguono come quantitativi nella produzione, utilizzato soprattutto per la creazione di miso d'orzo e per sporadiche produzioni di Shiokoji d'orzo, il riso integrale, utilizzato soprattutto per il miso di riso integrale per lo shiokoji integrale ed in rare produzioni si utilizzano altri cereali e legumi.
In Giappone il nome Shoyu o miso può essere utilizzato solo in prodotti contenenti soia come ingrediente principale, mentre il miso può essere prodotto con un mix di ingredienti tra soia, riso bianco o integrale, orzo.
| Substrato | Uso principale | % stima della produzione totale di koji |
|---|---|---|
| Riso bianco | Sake, mirin, amazake | 55–60% |
| Soia e grano (misto) | Shoyu (salsa di soia) | 20–25% |
| Soia (pura) | Miso di soia puro (come Hatcho miso) | 5–10% |
| Orzo | Miso d’orzo (mugi miso), shochu | 5–10% |
| Riso integrale | Miso di riso integrale, amazake, sake | 1–3% |
| Altri substrati | Legumi alternativi, mais, patate dolci, ecc. | <1% |
Substrati per koji non tradizionali ma comprovati
Il procedimento descritto in questa guida è quello esatto per fare un koji di riso bianco. Tuttavia, quando camberemo il nostro substrato sostituendo il riso con un altro cereale, dovremo necessariamente riadattare il processo di produzione al nuovo substrato. Per fare questo non bisogna stravolgere completamente il processo ma solamente apportare le dovute modifiche. Qui di seguito lascio alcune indicazioni per i cambiamenti da apportare per i principali substarti:
Koji di riso integrale, riso Venere, riso Nerone:
Buono per la produzione, tuttavia necessita di alcuni trattamenti necessari come la spezzatura. Il riso integrale prima di essere utilizzato deve essere spezzato (attenzione: non sfarinato!) per poter permettere al fungo di avere accesso alla parte amidacea. Procedere poi con l'ammollo del riso e la cottura sempre a vapore. Valutare l'acquisto di riso integrale spezzato. Questo substrato si presta bene con Asperglillus oryzae, Aspergillus soyae o luchuensis in base alle preferenze.
Koji d'orzo:
Ottimo per la produzione necessita di attenzione nella cottura. L'orzo può essere cotto sia a vapore che bollito in base al tempo di ammollo. Tempi di ammollo di poche ore (circa due) richiedono una cottura a vapore di almeno 40 minuti o una bollitura di 15 minuti. Tempi di ammollo di 6/8 ore richiedono una cottura a vopore di circa 15 minuti. Attenzione a non mescolare il koji d'orzo durante le 48 ore di crescita dell'aspergillus oryzae poichè questo blocca la sua crescita. Questo substrato si presta bene con Aspergillus soyae o luchuensis in base alle preferenze, meno con Aspergullus oryzae.
Koji di legumi:
Ottimi per la produzione richiedono tempi di ammollo di circa 8/10 ore e cottura per bollitura (solo le lenticchie vanno cotte a vapore per circa 15 minuti dopo un ammollo di 8 ore). Questo substrato si presta bene con Aspergillus soyae.
Koji di grano:
Buono per la produzione il grano viste le sue numerose varietà richiederebbe una trattazione a se. Per riassumere si può dire che i grani classici sia teneri che duri richiedono di essere spezzati per la corretta proliferazione dell'aspergillus e possono essere cotti sia a vapore (1 ora) che per ebollizione (20 minuti circa in base al tipo di grano). I grani antichi (non tutti) possono essere cotti per ebollizione anche senza essere spezzati (circa 1-2 ore) poichè il fungo cresce bene sulla sua fibra esterna. Questo substrato si presta bene con Aspergillus oryzae, Aspergillus soyae e Luchuensis.
Koji di pane:
Ottimo per la produzione necessita di ammollo per la sua corretta crescita. Un ammollo di un minuto è sufficiente quasi sempre. Lasciare impregnare bene il pane fuori dall'acqua e quando umido ma non bagnato procedere all'inoculo. Questo substrato si presta bene con Aspergillus oryzae e Aspergillus soyae.
Partendo da sx, koji di riso integrale, koji di riso bianco, koji di grano timilia, koji di ceci, koji di soia e grano, koji d'orzo, koji di pane
Usi tradizionali del koji
Essendo un prodotto di origine Giapponese, il koji è parte integrante della cultura alimentare nipponica e nel corso dei secoli è diventato una delle basi dell'alimentazione quotidiana. Oggi il fungo A. oryzae in Giappone è riconosciuto come patrimonio nazionale (Kokkin) avendo un valore importantissimo nella cultura alimentare di questo paese. Molti degli alimenti consumati in Giappone sono prodotti proprio a partire dal koji, vediamo i principali:
Miso
Il miso è uno dei più importanti alimenti giapponesi. In Italia si conoscono e si vendono circa quattro varietà di miso tradizionale Giapponese e sono: l'Aka miso (conosciuto come miso rosso), il miso d'orzo, lo Shiro miso e l'Hatcho miso. Nonostante quattro versioni di miso possano sembrare già tante, in Giappone ne esistono oltre cento versioni tradizionali, (quasi) tutte derivate dalle diverse proporzioni tra i tre ingredienti originari: koji, soia e sale.
Per riassumere possiamo dire che esistono miso fatti principalmente utilizzando koji di riso bianco, anche se negli ultimi anni sono aumentate le produzioni di miso con koji di riso integrale. Poi abbiamo i miso d'orzo, creati a partire da un koji d'orzo sempre a base di soia e sale, specifici di una prefettura. Caso particolare è rappresentato dall'Hatcho miso, un miso prodotto con un koji di soia, quindi senza l'utilizzo di un cereale, dal sapore molto concentrato.
Shoyu (salsa di soia)
L'altro grande ingrediente della cucina giapponese arrivato fin nelle nostre dispense è la salsa di soia o Shoyu (il suo nome giapponese).
Anche di questa salsa in Italia conosciamo due varietà principali, ovvero la salsa di soia e la Tamari, la prima prodotta con soia e grano la seconda con sola soia. Anche di questo condimento in giappone esistono centinaia di versioni differenti con oltre 1200 produttori sparsi su tutto il territorio. Un approfondimento ben fatto su questo tema si può leggere sul Centro Informazione Umami che spiega come distinguere le diverse Shoyu tra loro e come abbinarle ai diversi piatti.
Di base lo Shoyu è prodotto con gli stessi ingredienti del miso più l'acqua, ma sia il procedimento di produzione del koji che lo stesso processo di creazione e di conservazione della salsa, rendono molto diversi i due condimenti, richiedendo un trattamento specifico ed una produzione specifica.
Sakè
Potrebbe sembrare assurdo, ma lo stesso ingrediente di base che serve a creare il Miso e lo Shoyu creano anche un prodotto radicalmente diverso come il Sakè. Si tratta infatti di una bevanda alcolica prodotta a partire proprio da un koji di riso bianco, fatto poi fermentate con specifici lieviti per trasformare gli zuccheri in alcol.
Amasake (o Amazake)
Si tratta di un prodotto molto particolare prodotto al 100% da koji di riso oppure da una mistura di koji di riso più riso cotto. In realtà può essere prodotto con qualsiasi cereale ma i giapponesi su questo non transigono. L'amasake è un prodotto dolce ottenuto dalla saccarificazione dell'amido da parte degli enzimi del koji che danno all'alimento una consistenza tipo "porridge" ed una dolcezza quasi stucchevole.
Shiokoji (sale di koji)
Parliamo sempre di alimenti che fanno parte della tradizione giapponese nei quali non può mancare lo Shio koji, un condimento ancora sconosciuto in Italia, utilizzato da Chef accorti che conoscono bene i vari utilizzi del koji. Si tratta di una salsa dal sapore sapido ed umami che ha molti utilizzi in cucina. A differenza dello shoyu infatti, che può essere utilizzato anche solo per aromatizzare, lo shio-koji può essere usato direttamente in cucina per migliorare gli alimenti sotto il punto di vista del sapore e della consistenza attraverso marinature enzimatiche.
Mirin
Tra i prodotti tradizionali giapponesi creati apartire dal koji trovaiamo anche il Mirin. Si tratta di una salsa a metà strada tra un vino ed un condimento, che può avere diverse sfumature di gusto in base al processo di produzione ed invecchiamento che vanno dall'alcolico, all'acido o al dolce. Di base il mirin è usato nel condimento del riso per la produzione di sushi ma è anche presente in salse come la teriyaki la ponzu ed altre miscele per marinature. Quando particolarmente pregiato ed invecchiato può essere bevuto e degustato anche tal quale.
Usi moderni del koji
Le applicazioni contemporanee del koji sono innumerevoli e per certi versi molto distanti dal suo utilizzo tradizionale. Oggi troviamo applicazioni non solo su substrati inusuali ed alternativi ma anche il suo utilizzo in forme differenti dall'utilizzo del chicco è diventato sempre più frequente. Possiamo infatti utilizzarlo in polvere, in varie miscele e per marinature a secco, possiamo usare l'infusione del koji per l'estrazione dei suoi enzimi in marinature, olio o alcol. Esistono sperimentazioni in impasti di pane e pizze, formaggi, birre e vini, oltre che una vasta appicazione nel mondo della carne e delle proteine vegetali. Le lavorazioni innovative che si stanno sempre più affermando per i loro risultati sicuri sono le seguenti:
1.Koji con latticini o formaggi:
Gli enzimi del koji sono in grado di lavorare molto bene le caseine ed i grassi del latte e per questo viene utilizzato sottoforma di polvere nella lavorazione di latticini come ricotta, mascarpone, stracciatella, stracchini ed altri. Uno dei prodotti più conosciuti e diffusi in questo ambito è il Miso di ricotta, una preparazione creata dagli Chef Jeremy Umansky e Rich Shih, preparazione nella quale il koji in polvere viene mescolato con ricotta e sale e lasciato agire anche per settimane. Questo trasforma la ricotta in uno spalmabile incredibilmente sapido e ricco di sapore, esaltato dal leggero irrancidimento dei grassi.
2.Koji per Garum di pesce o carne:
Un'altra applicazione moderna è per la produzione di Garum. Il garum originariamente è una salsa prodotta a base di pesce, nata nel Mediterraneo e diffusa in tutti i paesi affaciati su di esso, utilizzata da migliaia di anni secondo varie testimonianze archeologiche. La natura del garum risiede negli enzimi contenuti nelle interiora del pesce che, tritate insieme al resto della polpa, agiscono sui tessuti liquefando per lisi ogni composto proteico e grasso. Quello che ne esce è appunto la salsa garum.
Si è scoperto che gli enzimi del koji agiscono nello stesso modo sulle carni sia di pesce che animali e questo ha aperto la strada a produzioni di garum mai esistiti prima come garum di carne, garum di selvaggina, garum di funghi e garum di tutto ciò che avesse delle proteine, non solo, oggi si riesce a produrre garum vegetali anche con certe tipologie di verdure. Nelle mie formazioni personalizzate e nelle consulenze che tengo nei vari ristoranti, queste applicazioni oramai sono la norma, soprattutto quando si vuole creare un condimento unico e definito utilizzando materie prime inesplorate. Contattami se vuoi usufruire di una consulenza nel tuo ristorante, per te o per la tua brigata.
3.Koji per inoculo di verdure (salumi di verdure)
Un'altra frontiera del koji è quella dell'utilizzo delle spore di Aspergillus per l'inoculo di substrati diversi dai cereali e dai legumi come ad esempio le verdure. Si può far crescere il fungo direttamente su verdure per creare un effetto salumificazione. Questo processo oramai molto affermato, si stà diffondendo con vari nomi come "verdure salumificate", "salumi di verdure", "verdure kojificate", "charcuterie vegetale" (anche se con quest'ultimo termine si identificano i salumi vegetali in generale). E' un metodo simpatico e abbastanza semplice (a patto che si conosca già la produzione del koji base) per ottenere delle verdure "ammuffite" utilizzzando una muffa buona ed edibile, ottenendo così consistenze incredibilmente appetitose e facendo acquisire umami naturale alle stesse verdure che notoriamente sono prive di questo sapore.
Esempi di verdure inoculate con aspergillus a sx una carota elaborata e trasformata in salume, a dx un pomodoro coperto di muffa
Letture per imparare tutto sul koji
Premetto che il 2026 sarà l'anno di uscita del mio libro sul koji, un libro che sarà concentrato completamente sulla sua produzione e sul suo immenso utilizzo in cucina. Prima però ci si può divertire leggento due testi che reputo "pietre miliari" ovvero il libro Koji Alchemy degli autori Jeremy Umansky e Rich Shih. Si tratta dio un testo iconico che ogni produttore o appassionato di koji dovrebbe avere nella sua libreria, nessun appasionato di Aspergillus si pentirà di questo acquisto.
L'altro libro fondamentale da possedere per gli appassionati di koji e il libro di René Redzepi e David Zilber The Noma Guide to Fermentation (tradotto in italiano come Noma: la guida alla fermentazione) un testo che non ha bisogno di presentazione e che oltre agli incredibili spunti creativi sugli utilizzi del koji, da anche una panoramica completa su tutto il mondo della fermentazione.
Redatto da Marco Fortunato per I'm in fermentation
Prossimi corsi
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